La storia ha inizio con il suo uso dettato da motivi pratici, seguito dal
perfezionamento e dalle intuizioni a cui ogni scoperta frutto della tecnica
inevitabilmente non si sottrae, poi divenne moda, quindi abuso, infine diatriba
con tanto di agguerriti schieramenti opposti pronti a sostenere, come in una
crociata, le proprie giuste, incontrovertibili e sacrosante teorie e posizioni.
Il legno, capace di donare emozionanti qualità al vino, secondo alcuni, o di
snaturare la sua identità, secondo altri, è spesso fra i principali motivi che
riescono a dividere le persone che apprezzano il nettare di Bacco. Una cosa che
ci sembra giusto dire sull'uso che si è fatto del legno nel vino è che,
ammettiamolo, si è proprio esagerato. Per troppo tempo ci si è affidati alle
magie della botte e del legno per rendere accettabile un vino che in realtà non
era altro che mediocre. Bisognerebbe ricordare, e non solo a chi produce vino,
ma soprattutto a chi lo beve, che il vino è prodotto con l'uva e non è un
infuso di legno. Il vino è ciò che produce l'enologo e non il falegname, con
tutto il profondo rispetto e l'ammirazione per questa professione. Il buon vino
nasce in vigna, in una buona vigna, e cresce in cantina, ma per crescere bene
ha bisogno di solide basi, cioè di una materia prima eccellente frutto del
lavoro svolto nel vigneto. Non diciamo certo che bisognerebbe abolire l'uso del
legno nel vino, al contrario, siamo però convinti che questo debba essere
considerato come uno strumento a disposizione dell'enologo a patto che ne
faccia un uso intelligente e oculato. Il legno e la botte sono certamente utili
in certi vini, i vantaggi, l'affinamento e l'evoluzione che il vino acquisisce
grazie ad essi sono indiscutibilmente preziosi, ma quando dal bicchiere l'unico
e dominante profumo che si percepisce è quello del legno, così come l'unico
sapore che il vino lascia in bocca, onestamente, non può che lasciarci
perplessi.
Che dire poi di quelli che associano il gusto e il profumo del legno nel vino
come principale fattore di qualità? Bisognerebbe ricordare loro che questo
profumo e questo sapore può essere conferito al vino non solo con l'uso della
botte, ma anche e soprattutto con l'infusione nel vino di semplici ed
economici trucioli, pertanto, profumo e sapore di legno non significa sempre
botte. Non contestiamo certamente coloro a cui piacciono vini con queste
caratteristiche e il loro gusto, quello che intendiamo dire è che, per favore,
non si valuti la qualità di un vino solamente per la potenza e la preponderanza
dell'aroma e del gusto di legno.
Ad onore del vero, si deve riconoscere che l'esagerazione del profumo e del
gusto di legno nel vino sono il risultato di un certo tipo di enologia e di
speculative regole di mercato, tanto famose e ricercate negli anni passati,
dove l'uso indiscriminato del legno (legno, non solo botte!) ha prodotto così
tanti vini, tutti simili, tutti uguali, che hanno formato quello che, come si
dice, è il gusto internazionale e che forse, per abitudine, si è oramai
associato alla qualità. È triste ammettere che il ruolo dell'uva e della zona
di provenienza di un vino sono stati, non solo relegati a ruoli marginali, ma
addirittura ignorati: bastava che un vino fosse legnoso e si gridava alla
qualità e alla bontà. È altresì triste ammettere che questo accade ancora
oggi.
Ci chiediamo: che senso ha? Che senso ha l'esistenza di così tante varietà di
uve, così diverse fra loro, e così tante zone che producono vino, fattori che,
legati alla maestria degli enologi, producono vini unici, carichi dei loro
caratteristici aromi e sapori, se viene tutto coperto con il legno? Basterebbe
disporre di una sola qualità di uva, eliminare tutte le altre che
diventerebbero inutili, avere dei buoni trucioli, o quando va bene, una buona
botte, ed ecco pronto il buono ed eccellente vino internazionale.
Onestamente non ci interessa un vino di questo tipo, proprio no. Una volta
assaggiato un vino come questo significherebbe averli assaggiati tutti. Non
sarà piuttosto che coloro che abusano con l'uso del legno spesso cercano
solamente di mascherare qualche difetto o la mediocre qualità del vino? La
tentazione di credere a quest'ultima ipotesi è piuttosto forte.
Non vogliamo essere fraintesi: non stiamo sostenendo una guerra contro l'uso
del legno, quello che sosteniamo invece è che botte e vino vanno
meravigliosamente d'accordo quando si completano a vicenda, quando gli aromi
tipici della varietà dell'uva utilizzata sono riconoscibili e gli aromi del
legno, seppure distintamente percepibili e gradevoli, non svolgono la parte
di unico attore in scena, per giunta protagonista, relegando tutti gli altri
a misere e ignorate comparse. Questo vale per tutte le tipologie di vino,
nessuna esclusa. Se un enologo decide di affinare il suo vino in una botte (ci
piace pensare che la sua scelta sia a favore di una botte piuttosto che a dei
trucioli) lo faccia senza plagiare e oltraggiare le qualità proprie del
vino. Se proprio ha bisogno di così tanto legno per rendere bevibile e
vendibile il suo vino, allora lo invitiamo a rivedere e a migliorare la qualità
delle sue uve e a riflettere sul lavoro svolto nel vigneto. Lo invitiamo ad
investire il suo denaro e il suo tempo anche nella cura e nella qualità delle
uve e non solo nelle botti. Del resto una delle caratteristiche di qualità di
un vino è l'equilibrio; esagerare con una caratteristica in particolare, legno
incluso, significa renderlo poco equilibrato e poco interessante.
In tutta questa storia esiste comunque il rovescio della medaglia. Parlando con
alcuni produttori, questi puntualizzavano che i vini che riescono a vendere
meglio sono appunto quelli che hanno predominanti sapori e profumi di legno,
proprio perché la loro clientela richiede questo tipo di vino. Basandosi su
questa inopinabile legge di mercato, capace di procurare sicuri profitti, la
produzione viene stabilita di conseguenza. C'è da osservare comunque che una
buona percentuale di produttori preferirebbe utilizzare meno legno di quello
che in effetti utilizza, anche perché, l'uso delle botti, e non dei trucioli,
rappresenta un costo non indifferente da sostenere e da rinnovare in media
ogni due anni.
La colpa di tutto questo, crediamo, vada equamente divisa fra produttori e
consumatori. I produttori, che per molto tempo hanno prodotto vino al
legno, educando di conseguenza il gusto della maggioranza dei consumatori,
dando luogo all'abitudine di associare il gusto del vino a quello del legno. La
colpa dei consumatori è stata quella di non avere voluto o saputo migliorare la
propria cultura enologica e si sono affidati esclusivamente a certi prodotti,
forse perché non c'era altro da scegliere, per comodità o per pigrizia, o
perché ciò che era migliore costava semplicemente troppo. Certo, se a certi
consumatori piace proprio il gusto e il profumo del legno come unica o
dominante caratteristica nel vino, allora qualunque opinione o ipotesi
sull'argomento è inutile; il gusto personale è certamente indiscutibile. Se
però quegli stessi consumatori gradiscono questo tipo di vino solo perché non
hanno nient'altro su cui basarsi per fare dei confronti o perché sono oramai
vinti dall'abitudine e dalla pigrizia di scoprire altro, allora li invitiamo a
provare qualcosa di diverso. Fortunatamente si sta assistendo ad una sorta
di inversione di rotta e il mercato offre ottimi ed eccellenti prodotti dove la
personalità dell'uva è rispettata e ben espressa, anche ben accompagnata dal
legno, quando c'è e senza esagerare, capaci di fare riscoprire una nuova,
quanto antica, emozione enologica. Legno uguale qualità del vino? Sicuramente
sì, a patto che il vino e l'uva con cui è stato prodotto, siano di qualità
ancora prima di finire nella botte. Bentornato vino!
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