Da quando l'uomo ha iniziato a produrre vino, o forse sarebbe più esatto dire,
da quando ha iniziato ha commercializzare il vino, la cultura e la tradizione si
sono legati a questa bevanda e, spesso, utilizzate come fattore promozionale per
assicurare il successo nelle vendite. Nella maggioranza dei casi, i fattori
tradizionali e culturali hanno rappresentato un motivo vincente nella
commercializzazione e nell'identificazione di un vino. Uno storico esempio su
tutti è Bordeaux, che già dai tempi degli antichi Romani poteva spendere il
suo nome ovunque come sinonimo di vino - vino buono - una fama ancora solida ai
giorni nostri. Ovviamente, oltre al nome, è necessario anche avere dell'altro,
altrimenti il nome - da solo - prima o poi rischia di diventare una meteora e
scomparire nell'oblio del tempo. Nei fattori che determinano il successo di un
nome, c'è sicuramente anche la capacità dell'evoluzione di un prodotto - vino
compreso - che inevitabilmente cambia e si adatta nel tempo in accordo alle
nuove tendenze, gusti, necessità e culture.
Questo concetto diventa ancora più evidente se si pensa al modo con il quale i
nostri antenati producevano vino in tempi remoti: nessuno oggi, diciamo pure la
maggioranza, non troverebbe gradevoli e bevibili i vini che in passato erano
considerati veri e propri nettari. La tecnologia ha fatto la sua buona parte,
tanto da consentire il miglioramento di tanti vini fino a renderli
virtualmente ineccepibili, qualcosa che, senza ombra di dubbio, non ha
nulla da condividere con la tradizione dei tempi passati. Il modo con il quale
si produce il vino oggi è innegabilmente diverso - persino lontano - da quello
che si produceva cinquanta anni fa. Eppure ancora oggi si cerca di identificare
un vino con la tradizione, quando di quella tradizione è chiaramente rimasto
solamente un nome e una recondita memoria. In questa epoca di vini
supertecnologici, ha ancora senso parlare di antiche tradizioni, quando
queste conservano prevalentemente un ruolo romantico utilizzato, nella
maggioranza dei casi, per non turbare la coscienza di chi non vuole accettare il
fatto che le cose sono inevitabilmente cambiate?
Chi produce oggi il vino esattamente come lo si produceva cinquanta o cento anni
fa, cioè in quel periodo che tanto si evoca nel celebrare una tradizione?
Probabilmente nessun produttore di vino, forse qualche vignaiolo che produce
vino per puro diletto e per consumo personale e che - probabilmente - non ha né
le risorse né l'interesse di fare uso di moderna tecnologia enologica, come
invece accade per la totalità del vino commerciale. Questa, che potrebbe
essere vista come una critica, è in realtà una considerazione che evidenzia ciò
che da sempre ha accompagnato l'uomo, nel bene e nel male, durante il corso
della sua storia: evoluzione e sviluppo. È del tutto naturale che le cose
subiscano evoluzioni e sviluppi, derivate da una migliore conoscenza - seppure e
comunque limitata - tale da consentire il progresso dell'ingegno e
dell'espressione umana. Qualcosa che inevitabilmente accadeva già cinquanta anni
fa, quando il vino era prodotto in modo diverso rispetto a cento, duecento,
mille anni fa. È molto probabile che in ogni epoca si sia fatto appello alla
tradizione dei tempi passati, nonostante tutti tendessero al miglioramento della
produzione e non solo per motivi puramente commerciali.
È molto probabile che fra cinquanta anni ci sarà ancora chi farà appello alla
tradizione - cioè a quello che noi siamo ed esprimiamo adesso in questo tempo e
in questa epoca - quando inevitabilmente la tecnologia e il progresso avranno,
come da sempre accade, sviluppato nuovi sistemi e metodi per produrre vino.
Migliore o peggiore di quello che produciamo oggi, è una sentenza che lasciamo
ai posteri, ma certamente il progresso tecnologico avrà introdotto nuove
metodologie, esattamente come oggi disponiamo di tecniche assenti e impensabili
in tempi passati. Frutto del progresso: c'è sempre stato, ha da sempre
accompagnato l'uomo e sempre ci sarà. Anche per il vino. Quanto ha senso,
quindi, attaccarsi alla tradizione quando questa innegabilmente si adatta e
cresce con l'espressione, la cultura e le abitudini di ogni tempo? Quanti cibi,
quanti vini, quante abitudini appartenenti al tempo passato - quindi
innegabilmente tradizionali - sono scomparse, o per meglio dire, si sono
evolute, con il procedere del tempo? Probabilmente tutte.
Non c'è niente di sbagliato nel ricordare e mantenere le tradizioni di un tempo:
del resto ciò che siamo oggi è anche l'innegabile frutto delle tradizioni e del
passato, pertanto è bene non dimenticarle, se non altro per ricordarci da dove
veniamo e dove possiamo andare. Quello che probabilmente è più fastidioso
nell'ostentazione e nella tutela delle tradizioni è la speculazione. Spesso si
abusa della tradizione unicamente per ottenere dei vantaggi commerciali,
come se la tradizione - da sola - fosse l'unica garanzia di qualità. E quel che
da più fastidio è che nessuno - o forse pochi - oggi producono vino secondo
autentica tradizione con tutto quello che questa rappresenta, sia perché certe
normative burocratiche e igieniche non consentono l'impiego di certe procedure
tradizionali, sia perché ciò che si produceva un tempo spesso non incontra il
gusto degli uomini moderni. La tradizione è quindi un ostacolo? Certamente
no: è un grandissimo vantaggio nel caso in cui si abbia l'intelligenza di
imparare dall'esperienza che ogni tradizione può offrire e impiegarla per
migliorare qualcosa di esistente.
In questo senso è significativa l'esperienza dei paesi vinicoli del cosiddetto
nuovo mondo, dove, innegabilmente, non esistevano tradizioni enologiche
locali alle quali fare riferimento. In questi luoghi si sono semplicemente
osservate le tradizioni degli altri cercando di migliorarle con l'unico
obiettivo di produrre qualità. Il risultato è evidente per tutti e, in modo
particolare, con un innegabile vantaggio tecnologico anche per quei paesi che
cercano ancora di vendere la tradizione come se questa fosse, da sola, un
motivo vincente. Potrebbe certamente esserlo, a patto che ci sia anche una
qualità tale da giustificare il prezzo della tradizione, anche dal punto di
vista economico. Nessuno è probabilmente disposto a pagare per qualcosa che è di
dubbia qualità, anche se tradizionale. La tradizione è certamente un vantaggio,
è un'inestimabile espressione dell'evoluzione dell'ingegno e della cultura degli
esseri umani e dei luoghi da questi abitati, un patrimonio a vantaggio delle
generazioni future per comprendere gli errori del passato con la speranza di non
commetterli nuovamente. Ricordiamo, manteniamo e tuteliamo le tradizioni - cosa
buona e giusta, comprese quelle del vino - ma che non diventino un peso
insopportabile tale da imprigionare in una gabbia l'intuizione, l'ingegno, la
fantasia e la capacità di sognare degli uomini.
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