I vitigni autoctoni dell'Umbria costituiscono una inestimabile ricchezza per il
patrimonio vitivinicolo della Regione: il Sagrantino tra i rossi e i Grechetti
tra i bianchi sono infatti l'espressione più tipica di una produzione di vini
in costante crescita qualitativa e sempre maggiormente apprezzata dal mercato.
Per approfondire questo argomento l'Accademia Italiana della Vite e del Vino,
la più prestigiosa organizzazione nazionale nel settore vitivinicolo, ha dato
appuntamento al Castello di Magione, in collaborazione con il Sovrano Ordine
dei Cavalieri di Malta e della Facoltà di Agraria dell'Università di Perugia,
ad alcuni tra i maggiori esperti e studiosi del settore.
«Questo Convegno, ha dichiarato il professor Antonio Calò, presidente
dell'Accademia, si inserisce nell'attenzione che la nostra Istituzione dedica
a quella che considera la caratteristica principale della viticoltura italiana,
ossia una varietà di vitigni coltivati senza paragoni al mondo. Caratteristica
che affonda le sue radici nella storia viticola del nostro paese ma che al
tempo stesso si proietta nel futuro grazie a un notevole potenziale di
sviluppo, sia in termini agronomici che dal punto di vista del prodotto».
Introdotti dal saluto del Sindaco di Magione, Massimo Alunni Proietti, i lavori
sono stati avviati da una relazione del professor Mario Fregoni, dell'Università
Cattolica di Piacenza, che ha inquadrato la tematica nella cornice più generale
dell'importanza dei vitigni autoctoni, strumento principale per l'innovazione
della vitivinicoltura italiana: «La valorizzazione dei numerosi e spesso
sconosciuti vitigni che si coltivano nel nostro paese è una grande opportunità,
che deve essere però sostenuta da un marketing efficace e dall'attenzione ai
gusti dei consumatori. Lo sviluppo dei vitigni autoctoni si accompagna alla
crescita della cultura dei vini monovitigno, che oggi rappresentano solo il 4%
di tutte le DOCG e DOC italiane e che sono totalmente assenti dalle IGT».
Giuseppe Antonelli (Regione Umbria) ha analizzato l'evoluzione della
viticoltura umbra in relazione al territorio: «Il patrimonio vitivinicolo umbro,
pur in presenza di una forte riduzione della superficie vitata, che da oltre
22.000 ettari è passata in meno di vent'anni a 13.800 e, conseguentemente, del
potenziale produttivo, si è molto rinnovato: oggi, il 70% della produzione
umbra è di vini DOCG, DOC, e IGT. L'evoluzione produttiva è dovuta al
rinnovamento dei vitigni grazie all'estirpazione dei vecchi vigneti: vi sono
oltre 4.000 ettari di nuovi impianti e reimpianti». Un'analisi tecnica
approfondita dei due vitigni più conosciuti e rappresentativi della viticoltura
umbra è stata poi svolta dal professor Alberto Paliotti dell'Università di
Perugia: «Mentre i Grechetti (che sono di due tipi differenti: G109 e G5) si
devono confrontare con problematiche legate al rapporto tra qualità e costi, il
Sagrantino nell'ultimo decennio ha conosciuto un vero e proprio boom, con un
incremento del prezzo al dettaglio fino a sette volte». Ha chiuso i lavori il
professor Gianfranco Montedoro dell'Università di Perugia, che ha illustrato le
tecnologie enologiche per la valorizzazione dei vitigni autoctoni umbri.
|