Il Sagrantino mi piace. Mi piace davvero molto. Sono consapevole, in questa
predilezione, di essere in buona compagnia, cosa che mi rende certamente
contento e mi procura ampia soddisfazione. Non perché il Sagrantino è vino
della mia terra, per meglio dire, della mia regione - io sono natìo della
nobile ed etrusca Perugia - e Montefalco si trova a circa quaranta chilometri
dal luogo dove sono nato e dove abitualmente vivo. Il Sagrantino è vino mio
prediletto, nonostante possa essere considerato lontano da quella categoria di
vini che maggiormente verso nel mio personalissimo calice e dei quali traggo il
maggiore piacere. Vini che esprimono, innanzitutto, eleganza ed equilibrio, un
esempio su tutti, il mio amato Pinot Nero, il buon Pinot Nero, ovviamente. Così
come adoro il grande Nebbiolo, nelle sue diverse espressioni territoriali, non
solo quelle dettate dalle terre del Piemonte, nel quale trovo sempre
un'affascinante eleganza, ben evidente nonostante la prorompente potenza.
Vino scontroso, non sempre facile da capire e da apprezzare, al Sagrantino si
muove spesso l'accusa di essere troppo potente, troppo irruente al gusto, vista
la sua inarrivabile generosità di sostanze polifenoliche e di tannini. Un'accusa
che si muove sia allo stile dei vini della grande uva rossa di Montefalco -
quello rosso, robusto e secco - sia allo stile storico e antico, ma sempre
magnificamente vivo, che unisce la dolcezza alla potenza, il cosiddetto
passito. Oggi il Sagrantino ha raggiunto, con pieno merito e onore,
l'apice dell'olimpo del vino, non solo in Italia, ma anche nel mondo. Il merito
- evidentemente - va riconosciuto indiscutibilmente alle prime cantine e aziende
vitivinicole che, con caparbietà, tenacia e, se me lo permettete, un'ammirevole
ma di certo non folle, lungimiranza, hanno investito su quest'uva e sul
territorio. Un esempio su tutti, la cantina Arnaldo Caprai e l'encomiabile
impegno di Marco Caprai, al quale va l'indiscusso merito di avere fatto
conoscere il Sagrantino al mondo intero. L'impegno di Marco Caprai è andato ben
oltre l'investimento personale, operando anche nella promozione e, soprattutto,
nel fondamentale lavoro di ricerca e sviluppo, anche grazie al contributo di
illustri e competenti esperti.
Il mio interesse e la mia passione per il Sagrantino mi hanno accompagnato dal
momento nel quale ho maturato una consapevolezza matura sul vino, poco più
di venticinque anni fa, praticamente poco dopo avere raggiunto l'età
legale per il consumo della bevanda grata a Bacco. Ricordo che, a quei tempi -
verso la fine degli anni 1980 - godevo con enorme soddisfazione dei Sagrantino
che già facevano bella mostra di sé negli scaffali della mia città. I ricordi
più vivi si illuminano del rubizzo e scurissimo contenuto delle bottiglie
di Arnaldo Caprai, Adanti, Antonelli, Milziade Antano, Rocca dei Fabbri e Paolo
Bea. A quei tempi, certamente, il Sagrantino aveva anche altri interessanti
interpreti - degni e significativi, senza ombra di dubbio - ma per godere delle
loro bottiglie si doveva necessariamente andare nelle loro cantine, poiché
piuttosto difficili da reperire nelle enoteche. Anche il Sagrantino passito
percorreva la sua nuova strada e, a quei tempi, l'interprete più alto del
Sagrantino dolce era certamente Giuliano Ruggeri, ruolo che ancora oggi svolge
con encomiabile impegno e con straordinari risultati.
Parlare delle figure di riferimento e di rilievo del mondo del Sagrantino degli
anni 1980, impossibile non citare Alvaro Palini - dal carattere poliedrico e
caparbio, un po' come lo è il Sagrantino e i figli della sua terra - che ha
espresso la sua visione per il vino di Montefalco nelle bottiglie della cantina
Adanti. Oggi in questa cantina troviamo Daniel Palini - figlio di Alvaro -
altrettanto bravo e competente, pacato e riflessivo, con innegabile talento, non
solo per la cantina e la vigna, ma anche per la degustazione. E poi Filippo
Antonelli, persona di squisita disponibilità e cortesia, altro importante
personaggio del Sagrantino che, da sempre, ha mantenuto alta la bandiera
dell'uva e del vino di Montefalco: i suoi vini sono certamente fra le migliori
bottiglie di questo territorio. A quei tempi sentivo parlare di questi e altri
personaggi del Sagrantino - e, va detto, ne sentivo parlare con rispetto e
ammirazione - oggi, mio privilegio e mio onore, li conosco personalmente, e il
mio ringraziamento è immutato e rinnovato per tutte le belle emozioni che i loro
vini sanno regalarmi.
In questi 25 anni il Sagrantino ne ha fatta di strada e, durante il suo
straordinario viaggio, altri personaggi si sono uniti a questa meravigliosa
avventura, contribuendo al prestigio e alla qualità del grande rosso
dell'Umbria. Eppure, il Sagrantino - nella sua versione più celebre, cioè secco
e robusto - è un vino piuttosto giovane, con una storia che non arriva nemmeno a
50 anni. Molto è stato fatto, ma ritengo che molto ancora deve essere fatto,
soprattutto nella formazione di un'identità forte e decisa, legata al territorio
di Montefalco, nello sforzo corale di tutti i produttori. Non è un caso se si
dice uniti si vince, divisi si perde. Soprattutto se si considera che
nella sua giovane età - poco più di quaranta anni di storia, in senso enologico,
sono molto pochi - c'è ancora molto da scoprire delle potenzialità di questa
straordinaria uva rossa, da ricordare, con il più alto contenuto di sostanze
polifenoliche al mondo. Proprio il tempo, infatti, comincia a fare scoprire la
potenzialità del paziente lavoro degli anni e come possa regalare al Sagrantino
un'immagine di spiccata eleganza, nonostante la sua poderosa struttura.
Questi ricordi sono tornati vivi qualche sera fa, quando ho posto la mia
attenzione su due bottiglie che acquistai a quei tempi: un Sagrantino di
Montefalco 1985 di Adanti e uno annata 1990 di Arnaldo Caprai. Cavatappi e
calice alla mano, quei vini erano ancora vivi e scalpitanti, certo, il tempo
aveva regalato loro un carattere più austero e ricco, ma la personalità del
Sagrantino era ben presente, viva e arzilla. Bottiglie aperte con spirito
di studio poiché chi degusta vino non ha alternativa: si deve mantenere sempre
in allenamento, con vini di ogni luogo e zona, giovani e, non da meno, maturi.
Certo, si tratta di due Sagrantino appartenenti a un'epoca oramai lontana e lo
stile di produzione attuale è ben diverso, forte anche dell'esperienza dei
produttori che - in questi anni - hanno compreso le potenzialità del nobile
rosso Umbro. Si è compreso il ruolo del tempo: i produttori - ai quali va il mio
sostegno e incoraggiamento - hanno iniziato a commercializzare cru di
Sagrantino; un contributo immenso per la comprensione delle potenzialità del
territorio e delle singole espressioni ambientali e viticolturali. Quelle due
bottiglie mi hanno fatto ricordare la passione che avevo già a quei tempi per il
Sagrantino di Montefalco. Passione che mi ha sempre accompagnato e tengo cara
ancora oggi con accresciuta dedizione. Sì, il Sagrantino mi piace. Mi piace
davvero molto.
Antonello Biancalana
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