C'è qualcosa di magico quando si mette il naso in un calice di vino. Un
mondo si schiude ai sensi, un racconto emozionante che si rinnova sempre, come
una promessa che si ripete anno dopo anno, bottiglia dopo bottiglia. Ma anche
di tristi delusioni. Non si tratta di profumi che non incontrano esattamente il
proprio piacere - e anche questo può accadere - mi riferisco, soprattutto, a
certi profumi che, per così dire, sono segno di certa imperizia
enologica. Questa affermazione, ne sono completamente consapevole, è altamente
opinabile e, non da ultimo, indubbiamente soggettiva. Il buono e il cattivo,
non c'è dubbio, sono concetti intimamente legati alla cultura e alla
personalità di ognuno di noi: quello che è buono per me potrebbe essere cattivo
per altri e viceversa. In fin dei conti, sarebbe perfino noioso se a tutti
piacessero le stesse cose e allo stesso modo.
È innegabile, comunque, che il profumo del vino sia un elemento che racconta in
modo alquanto preciso la storia della sua vita, dal vigneto al calice.
Dall'intensità alla pulizia, il profumo del vino è capace di raccontare l'uva,
il territorio e le persone che l'hanno trasformata in vino. Allo stesso modo,
racconta le persone che hanno avuto la responsabilità di conservare la
bottiglia e di servirla. Il profumo del vino racconta molte cose anche sulla
personalità di lo consuma. Si tratta di un elemento sensoriale che, molto
spesso, trova consenso in funzione del modello enologico di riferimento per
ognuno di noi. I profumi del vino, infatti, hanno la proprietà di essere
indirizzati - per così dire - in funzione del risultato che si vuole
ottenere e del tipo di consumatori per i quali sono potenzialmente destinati.
Ogni cosa effettuata in vigna e in cantina, così come nell'imbottigliamento e
nel consumo, ha il potere di influire sul profumo del vino. L'uva, in
particolare, è l'elemento primario che offre i fondamenti, reclamando in modo
forte - e in funzione di come è stata trattata - la sua identità o il suo
plagio. Il territorio non è certamente da meno: ognuno di questi - inteso come
insieme di suolo e ambiente - ha parimenti il potere di imprimere il suo
carattere al profumo del vino. I vini che nascono dall'argilla hanno un profumo
molto diverso da quelli prodotti dalla sabbia: la stessa uva esprime
personalità olfattive diverse. Anche il tempo, per meglio dire, l'età della
vite, ha il potere di determinare il profumo di un vino. I vini prodotti con
uve giovani non hanno la stessa potenza e la stessa espressività di quelle che
hanno vissuto molte vendemmie nel corso della loro vita.
Il profumo nel vino è tutto, o quanto meno, una parte decisamente importante.
Così è certamente per me, poiché, per quello che mi riguarda, il piacere
primario della degustazione di un vino è rappresentato dai suoi profumi.
Tuffare il naso in un calice è sempre motivo di emozioni, sia positive, sia
negative. Il profumo che si alza dal calice è capace di raccontare tutta la
storia di un vino e di chi lo ha prodotto, una qualità sincera e schietta che
parla di tecniche, territori, tempo e onestà. La storia dei profumi di un vino
è fatta anche di quelli che si perdono - per imperizia dell'uomo, produttore o
consumatore - e quelli che si trasformano con il tempo. Trasformazioni che sono
capaci di stravolgere, anche in modo significativo, l'intero profilo di profumi
della gioventù di un vino, stravolgendone perfino l'identificabilità. Profumi
tenui e profumi intensi, irruenti o garbati, tutti contribuiscono all'emozione
che il vino regala al naso.
Ci sono vini, parere assolutamente personale, capaci di catturare l'attenzione
a lungo, spesso anche per ore, altri invece che sembrano essere più
superficiali e risolvono il loro racconto in pochi minuti. Ci tengo a
precisare che, in ogni caso, tutti i vini, senza eccezione, sono meritevoli
dell'attenzione di ognuno dei nostri sensi, anche quando non incontrano
esattamente il nostro favore. Alcuni vini, forse perché ho una forte passione
per loro, sembrano fatti apposta per essere annusati continuamente, facendoti
perfino dimenticare che quello hai nel calice andrebbe apprezzato anche per il
suo gusto. Mi riferisco a certi vini fortificati e passiti - Marsala, Jerez,
Porto e Muffe Nobili in particolare - con i quali è facile perdersi in
fantastici sogni cullati dall'infinita evoluzione dei loro profumi.
Sfumature che si susseguono continuamente, magicamente infinite.
Il profumo del vino è una sorta di officiante del rituale di conoscenza con
l'uomo: esattamente come una stretta di mano, fa comprendere chi abbiamo di
fronte. Si capisce quanto si può andare d'accordo con un vino: il suo profumo
iniziale, spesso, rappresenta il fondamentale segnale che determinerà la
possibilità di fare ulteriore conoscenza oppure no. Profumi sporchi, non
sempre limpidi e netti, inquinati da elementi estranei al vino, di certo non
invitano alla predisposizione per una buona conoscenza. È come se, conoscendo
qualcuno, questo ci raccontasse delle palesi e maldestre bugie. Mi rendo
perfettamente conto che ognuno di noi considera le bugie di un
vino in modo del tutto soggettivo e, talvolta, indiscutibile. La stessa cosa
vale per i racconti sinceri, ovviamente. Nell'entusiasmo di rubare tutti i
profumi di un vino - e per me il profumo del vino rappresenta la
parte più importante - talvolta si percepiscono delle palesi bugie. Profumi non
proprio puliti, non proprio adatti al mio concetto di vino sano e ben fatto.
Sono proprio questi vini a farmi perdere l'entusiasmo verso quello che
considero il massimo piacere in un vino. Un profumo sporco, e pertanto
bugiardo, offende il vino e chi lo apprezza. Quando poi la bugia è raccontata
con la pretesa di renderla vera come un dogma assoluto, questa offende anche
l'intelligenza, per quel poco che può essere.
Antonello Biancalana
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