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La Sfida del Nulla in Nome del VinoLa Sfida del Nulla in Nome del Vino  Sommario 
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La Sfida del Nulla in Nome del Vino


 Il vino, croce e delizia, oggetto di sfide e confronti infiniti, fin troppo spesso usato per l'autocelebrazione di quelli che sono sempre convinti di apparire competenti nel dire una banalità in nome di Bacco e, con non poca vanità, perfino navigati esperti. In particolare, mi fanno sempre sorridere le considerazioni relative a quale territorio o paese sia migliore in tema di vino, soprattutto quando si basano palesemente su principi, per così dire, di carattere sciovinista. La cosa ancor più sorprendente è che coloro i quali sono soliti sostenere queste crociate per la difesa delle cose di casa, solitamente non hanno mai argomenti concreti per supportare le proprie idee. Ancor peggio, spesso si scopre gli unici vini che questi irriducibili difensori hanno bevuto (dire “assaggiato”, in questo caso, mi pare decisamente eccessivo) sono quelli del territorio del quale si professano virgulti baluardi e sostenitori.


 

 Tanto per fare alcuni esempi – senza alcuna pretesa di sminuire o magnificare nessuno dei territori o vini citati – il Prosecco è migliore dello Champagne, il Franciacorta è migliore del Trento, il vino italiano e migliore di quello francese. Frivolezze di questo tipo sono proferite fin troppo spesso, non da meno, a sproposito, senza avere elementi concreti sufficienti tali da sostenere l'una o l'altra ipotesi. Mettere poi sullo stesso piano di confronto due vini diversissimi – per territorio, tecnica di produzione e uve – non solo è qualcosa totalmente priva anche del più elementare senso, ma denota una sesquipedale ignoranza da parte di chi sostiene un'ipotesi così ridicola. Sostenere, inoltre, un vino – un cibo, una cultura, qualunque altra cosa – sia migliore di un altro solamente per il fatto di appartenere a un certo territorio, senza addurre ulteriori ragioni, è un ridicolo atto di patetica arroganza, non da meno, di povertà culturale.

 Cercando di non offendere nessuno, tanto meno i produttori di specifiche zone vinicole, utilizzerò un esempio quanto più ampio possibile, consapevole che – probabilmente – qualcuno resterà comunque offeso. Prendiamo i due paesi che, praticamente da sempre, si mettono a confronto nei termini vinicoli più disparati: Italia e Francia. Da sempre, infatti, sono in molti ad affannarsi nelle dispute più varie fra questi due paesi: chi produce più quantità di vino, chi fa il vino migliore, chi ha le uve migliori e via dicendo. Il vino italiano è migliore del vino francese? Quello francese è migliore di quello italiano? È un po' come chiedere quale fra due quadri sia il più bello, senza indicare alcun termine di confronto. Il vino italiano è certamente eccellente e buonissimo. Lo stesso si può affermare – senza timore di smentita – per il vino francese. Questo, però, se restiamo su un piano di confronto generico e decisamente vago, quindi palesemente inconsistente.

 Migliore secondo quale principio? Più buono? Più cattivo? Entriamo inevitabilmente in un ambito fin troppo soggettivo, pertanto fortemente opinabile in termini oggettivi, per non parlare poi in quelli tecnici, viticolturali ed enologici. Come si può, in ogni caso, sostenere che i vini di un territorio siano migliori di quelli di un altro solo per il fatto che provengono o sono stati prodotti in quel territorio? Quanto meno, presuppone il non proprio verosimile principio che tutti i produttori di quel territorio siano irriducibilmente, convintamente e ineccepibilmente vocati alla più alta qualità. Dalla valutazione della produzione di un territorio – in senso generale e ampio – ci sono fin troppe dimostrazioni tali da contraddire e smentire in modo fin troppo evidente questa supposizione. In ogni territorio ci sono certamente produttori capaci di fare vino di elevatissima qualità, così come ci sono quelli, nel medesimo territorio, che producono palesemente vini decisamente meno significativi, perfino ordinari.

 Il vino Italiano è migliore di quello Francese? Dipende. Il vino italiano – e lo stesso si può affermare per quelli francesi – è di elevatissima qualità e straordinariamente buonissimo. Tuttavia, non tutto il vino italiano – o quello di qualunque altro paese o territorio, Francia compresa – rientra in questa definizione e questo mi pare fin troppo ovvio e palese. Piuttosto, trovo molto più concreto confrontare produttori diversi con lo scopo di determinare il migliore, ma un territorio – nella sua interezza – ritengo sia un esercizio del tutto inutile e totalmente discutibile. Ho una passione enorme, tanto per fare un altro esempio, per il Marsala, il grandissimo vino liquoroso siciliano, ma di certo non credo sia intelligente dire che tutto il Marsala sia straordinario solo per il fatto di appartenere a questa denominazione. Ci sono Marsala di certi produttori che sono innegabilmente di strepitosa qualità, altri invece sono evidentemente lontani – almeno per quello che mi riguarda – da questa definizione.

 Si deve inoltre riconoscere che, grazie al progresso tecnologico ed enologico degli ultimi decenni, unitamente alla maggiore diffusione di queste nozioni, virtualmente disponibili a chiunque, il livello qualitativo mondiale del vino è evidentemente cresciuto. Paesi che, fino a qualche decina di anni fa, si consideravano distanti da qualunque capacità enologica, oggi dimostrano di sapere creare vini di interessante valore enologico. Pertanto, a maggiore ragione, oggi diviene particolarmente frivolo stabilire quale territorio vinicolo sia effettivamente il migliore in senso generico o assoluto. Semplicemente, il migliore non esiste. Ci sono cose belle e buone in ogni luogo del mondo, così come quelle brutte e cattive. Questo vale anche per il vino, indubbiamente. Qualora vi steste chiedendo se preferisco il vino francese a quello italiano, vi rispondo volentieri e senza esitazione. Adoro il vino italiano e parimenti adoro il vino francese. E adoro il vino di qualunque altro paese. Quando è buono, evidentemente.

Antonello Biancalana



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