Chi potrebbe mai pensare che il passato del maestoso Barolo era ben lontano
dallo splendore dei nostri tempi e che fino al 1800 era addirittura un vino
dolce? Probabilmente pochi, se non pochissimi. Eppure la storia di questo
grandissimo vino - maestosa espressione della nobile uva Nebbiolo - è piuttosto
recente, un monumento dell'enologia mondiale nato e cresciuto grazie
all'applicazione di metodi appropriati. Oggi, il Barolo è ovunque sinonimo di
eccellenza enologica, un vino che occupa - con pieno merito - le più alte
posizioni di prestigio in ogni Paese del mondo, un vino forte e complesso capace
di meravigliare i palati dei più esigenti degustatori. Fra i tanti responsabili
della grande magia che prende il nome di Barolo, un posto d'onore spetta all'uva
con la quale si produce: il Nebbiolo. Quest'uva è ricca di polifenoli, capaci di
assicurare una grande struttura al vino, ma anche generosa di acidità, una
qualità che rende il Barolo unico nel panorama dei grandi vini, e che insieme
consentono longevità di decine di anni.
Il Barolo non è solo Nebbiolo. Nonostante quest'uva sia largamente responsabile
per le qualità di questo grande vino, il Barolo è anche - e soprattutto - il
risultato di condizioni ambientali, climatiche e produttive assolutamente
uniche. Il Barolo è il primo dei tanti figli della Langhe, la celebre
area che si trova nella parte meridionale del Piemonte - nei pressi di Alba, in
provincia di Cuneo - le quali terre danno origine a grandi vini ed eccellenti
bontà gastronomiche, fra questi il pregiato tartufo bianco. Il Barolo è fra i
vini più longevi: grazie alle qualità dell'uva Nebbiolo - acidità e tannini -
unitamente all'alto volume alcolico, questo vino è capace di maturare ed
evolversi in bottiglie per decine di anni, migliorando le sue qualità
organolettiche e la complessità dei suoi aromi. Per gli appassionati di vino -
così come per gli stessi produttori - il Barolo è oggetto di accese discussioni:
c'è chi lo ama e chi non lo apprezza, chi lo vuole produrre secondo i sistemi
tradizionali, chi invece lo interpreta secondo una visione più moderna.
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| I comuni di produzione del Barolo |
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Il Barolo è sempre stato un vino che ha fatto parlare di sé, anche quando era
praticamente sconosciuto e ben lontano da quell'immagine di grande vino al quale
siamo abituati oggi. Le prime notizie storiche che si possono collegare al
Barolo si riferiscono non al vino ma all'uva con la quale è prodotto: il
Nebbiolo. Le prime notizie su quest'uva risalgono al 1268, in un documento del
castello di Rivoli, nel quale si cita il Nebbiolo. Le prime notizie di vini
prodotti con quest'uva risalgono all'era medioevale. La storia del Barolo - che
prende il nome dall'omonima località delle Langhe - cioè del vino secco
conosciuto così come lo conosciamo oggi, inizia ai primi del 1800. Prima di quei
tempi, il vino di Barolo era caratterizzato da un gusto dolciastro causato dalla
presenza di zuccheri residui che - per effetto della bassa temperatura di quei
luoghi - non riuscivano a essere fermentati. La temperatura non era l'unico
responsabile di questo inconveniente. Il Nebbiolo è un'uva che matura
tardivamente - in genere verso la fine di ottobre - quando la temperatura delle
Langhe comincia ad abbassarsi tanto da inibire il lavoro dei lieviti.
A quei tempi il vino di Barolo era ben distante dalla grandezza che gli
riconosciamo oggi, tanto che nelle tavole dei nobili e delle classi più ricche
erano prevalentemente presenti vini di origine francese. Il vino di Barolo
prodotto a quei tempi era consumato anche localmente - spesso anche esportato -
ma nessuno gli riconosceva la nobiltà che lo renderà celebre un secolo più
tardi. Lo sviluppo del Barolo si deve essenzialmente a Giulia Vittorina Colbert
de Maulévrier - nata il 26 giugno 1786 nel castello di Maulévrier in Vandea,
Francia -, che nel 1806 sposa a Parigi il marchese Carlo Tancredi Falletti di
Barolo, divenendo così la celebre marchesa Falletti di Barolo. Figura di grande
spicco, la marchesa Falletti di Barolo si trasferisce a Torino e si dedica al
miglioramento delle condizioni sociali dei poveri e dei malati, si interessa
alle condizioni delle donne detenute nelle carceri, fonda istituti educativi e
assistenziali, un ospedale per bambini e organizzazioni per il recupero,
l'educazione e il sostentamento dei bisognosi.
A quell'epoca, il fascino dei vini francesi - e in particolare quelli di
Bordeaux e di Borgogna - era tale che in molte aree si cercava di imitarne il
modello in modo da migliorare la qualità dei vini del luogo, una tendenza ancora
oggi in voga. Nel 1843, il conte Camillo Benso di Cavour - all'epoca sindaco di
Grinzane - chiamò nelle sue tenute l'enologo francese conte Louis Oudart,
affidandogli l'incarico della produzione di vini nelle cantine del castello di
Grinzane. Grazie all'amicizia con il conte Cavour, la marchesa Falletti di
Barolo chiese consiglio all'enologo francese su come migliorare i vini della sua
Cantina, nell'auspicio di renderli simili a quelli francesi. Louis Oudart
individuò nella bassa temperatura le cause che conferivano al vino di Barolo la
sua dolcezza e suggerì l'uso di lieviti specifici: il grande Barolo stava per
nascere. La marchesa Falletti di Barolo decise quindi di rivoluzionare
completamente il sistema di produzione dei suoi vini, adottando completamente i
sistemi suggeriti da Oudart, introducendo tecnologie enologiche francesi che
trasformarono per sempre il Barolo da vino dolce a grande vino secco, il
vino dei re, il re de vini. La storia era cambiata e questa volta per sempre.
Il successo fu clamoroso, tanto che anche il conte Cavour decise di convertire
le cantine del suo castello di Grinzane alla produzione di questo nuovo
vino. In poco tempo, anche i vini di Cavour si assicurarono la fama, tanto da
potere competere con i migliori prodotti di Francia e contribuendo in modo
sostanziale al miglioramento e alla diffusione del Barolo. Il nuovo Barolo
contagiò perfino Carlo Alberto che - incuriosito dalla fama che oramai
contraddistingueva il vino della marchesa Falletti di Barolo - le chiese di
farglielo assaggiare. Fu così che la marchesa inviò ben 325 carrà di
Barolo - una botte piatta e lunga tipica di quelle zone con una capacità di 500
litri - al palazzo reale. L'entusiasmo di Carlo Alberto fu tale che decise di
acquistare il castello di Verduno e le sue tenute, le tenute di Pollenzo e Santa
Vittoria d'Alba con lo scopo di impiantare vigneti di Nebbiolo e avviare la
produzione di Barolo. Perfino il re Vittorio Emanuele II mostrò un forte
interesse ed entusiasmo per il Barolo, tanto da convertire le sue tenute, nei
pressi della casa di caccia a Serralunga d'Alba, alla produzione del celebre
vino con l'uva Nebbiolo dei suoi vigneti.
La prima concreta diffusione del Barolo nei Paesi di tutto il mondo fu opera del
commendatore Pietro Emilio Abbona, che nel 1895 iniziò la sua attività nelle
cantine paterne di Barolo. Acquistò anche i vigneti e le cantine un tempo
appartenuti alla marchesa Falletti di Barolo, continuando idealmente la sua
opera per questo celebre vino. Una figura di notevole importanza per lo sviluppo
e il miglioramento qualitativo del Barolo è stato Renato Ratti. Oltre a
introdurre concetti rivoluzionari e nuove tecnologie nella produzione del
Barolo, egli effettua scrupolose ricerche sul territorio, sui vigneti e sui
cru, uno studio che gli consentirà - negli anni 1980 - di creare la mappa
delle sottozone storiche del Barolo e del Barbaresco. La produzione del Barolo
si sviluppa negli anni recenti grazie all'impegno dei tanti produttori, spesso
con diversi - se non opposti - modi di interpretare il grande vino delle Langhe.
Alcuni di questi sostengono infatti la produzione secondo i metodi tradizionali
della maturazione in botte grande, altri invece vedono il Barolo creato secondo
criteri enologici più moderni, utilizzando la barrique. Un dibattito che vede
tradizionalisti e modernisti contrapposti in due fazioni opposte,
due modi di interpretare il Barolo che trovano sostenitori e oppositori anche
fra i consumatori.
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