Chi avrebbe mai pensato che in Umbria, la regione considerata come il
Cuore Verde d'Italia - famosa nel mondo per la beatitudine e la tranquillità
dei suoi paesaggi, carichi di pace e spiritualità, terra di santi ed eroi -
fosse capace di mostrare fermezza e potenza in uno dei suoi più celebri vini? Il
Sagrantino, l'uva responsabile di questo prodigio, è riuscito in poco tempo a
conquistare saldamente le vette dell'enologia mondiale e il suo successo è così
clamoroso, che anche altre regioni italiane cominciano a rivendicare la
possibilità di coltivazione di quest'uva nelle loro terre. Sagrantino significa
Montefalco e Montefalco - dal punto di vista enologico - significa Sagrantino.
Il legame fra questa terra e la sua uva è forte e lungo di secoli, e comunque
sarà, niente e nessuno sarà capace di rompere questo legame poiché - da sempre -
Montefalco è il Sagrantino. Questo grazie anche alla tenacia e alla
caparbietà dei produttori locali che hanno saputo creare un grande vino dalla
loro grande uva.
Uva che ha avuto sempre il ruolo da protagonista nei vigneti di Montefalco sin
dai tempi antichi anche se - è bene ricordarlo - all'inizio degli anni 1970
erano in molti che pensavano fosse meglio eliminare il Sagrantino dai loro
vigneti per fare posto ad altre uve, più celebri e più redditizie, capaci di
assicurare una migliore vendibilità. Fu solo grazie alla caparbietà e
all'impegno di alcuni produttori - convinti delle enormi potenzialità delle loro
uva - che il Sagrantino riuscì non solo a salvarsi, ma anche a raggiungere le
vette più alte dell'enologia mondiale. Un cammino lungo e difficoltoso di oltre
trenta anni, ma che oggi ripaga ampiamente gli sforzi di tutti i produttori - e
in particolare di quelli che per primo decisero di investire sul Sagrantino -
offrendo agli appassionati un vino, un grande vino, unico nel suo genere. E
pensare che in principio il Sagrantino era solo usato per la produzione di un
vino dolce e robusto, forte di tannini, capace di accompagnare degnamente i
succulenti e saporiti arrosti di agnello del pranzo pasquale. Di strada il
Sagrantino ne ha fatta molta, e con lui anche Montefalco - la sua terra - forte
di un passato e una tradizione non solo di arte e storia, ma anche di vino.
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| L'area di produzione del Montefalco
Sagrantino |
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Montefalco - suggestiva città in provincia di Perugia, nota come ringhiera
dell'Umbria - è il centro della produzione del vino da uve Sagrantino.
Montefalco è racchiusa all'interno delle sue mura trecentesche, e oltre a
offrire eccellenti vini, è ricca di storia, cultura e arte, come i celebri e
straordinari affreschi di Benozzo Gozzoli nella Chiesa di San Francesco - oggi
sede del Museo Civico - opere d'arte che valgono certamente una visita alla
bella città Umbra, magari in compagnia di un buon calice di Sagrantino.
Montefalco è fra le pochissime città d'Italia nelle quali la coltivazione
dell'uva era praticata all'interno delle mura urbiche, una tradizione risalente
al periodo medioevale. La produzione di vino a Montefalco risale tuttavia a
tempi più antichi. Plinio il Vecchio, nella sua monumentale Naturalis
Historia, ricordava che l'uva Itriola era coltivata nelle aree di
Mevania (l'odierna città di Bevagna, compresa nell'area di produzione del
Sagrantino di Montefalco) e nel Piceno: «Itriola Umbriae Mevanatique et
Piceno agro peculiaris est».
L'antica Itriola non ha comunque legami con l'uva Sagrantino, tanto che
già nel 1596 Andrea Bacci la identificava con la Passerina. L'origine dell'uva
Sagrantino è piuttosto incerta e molte sono le supposizioni. Anche se oggi il
Sagrantino è considerato un'uva autoctona di Montefalco, si ritiene che sia
stato introdotto intorno al XIV-XV secolo dai frati francescani, di ritorno dai
loro viaggi di predicazione in Asia Minore. Altre teorie circa l'origine del
Sagrantino, ritengono che l'uva sia originaria della Spagna o che la sua
introduzione sia stata a opera dei Saraceni. Indipendentemente dalla sua
origine, ricerche genetiche sul Sagrantino non hanno scoperto nessuna analogia
con altre varietà. Vista la ricca documentazione conservata nell'Archivio
Storico Comunale di Montefalco, si può affermare che la città Umbra abbia sempre
avuto un legame particolare con la coltivazione della vite e con la produzione
di vino. Sono molti infatti i documenti che parlano di vigneti donati o ceduti
ad altri - in modo particolare in testamenti - e non mancano neppure
testimonianze sulla cura e la dedizione dei vignaioli dell'epoca per i loro
vigneti, così come leggi specifiche sulla tutela della produzione vinicola.
Il più celebre di questi risale al XV secolo - periodo durante il quale la
coltivazione della vite era già praticata all'interno delle mura urbiche - nel
quale si stabiliva che «chiunque sarà trovato a portar le uve acerbe o
mature e non havesse vigna propria o in affitto o a lavoreccio, sia punito come
se fosse entrato in vigna di alcuno et havesse colto le uve». I vigneti e le
uve erano inoltre tutelate da apposite leggi che ne vietavano - ad esempio -
l'estirpazione non autorizzata. La produzione di vino svolgeva a quei tempi un
ruolo fondamentale sia nell'economia della città sia nella cultura, tanto che a
partire dal 1540 la data dell'inizio della vendemmia era stabilita con
un'apposita ordinanza comunale. Ancora oggi questo evento è mantenuto vivo dalla
Confraternita del Sagrantino che in un giorno prestabilito di settembre
annuncia pubblicamente in piazza l'inizio della vendemmia. La qualità dei vini
di Montefalco fu testimoniata anche da Cipriano Piccolpasso - provveditore della
fortezza di Perugia - durante la stesura della sua opera «Le piante et i
ritratti delle Città e Terre sottoposte al Governo di Perugia» nel 1565. In
quest'opera - commissionata dallo Stato Pontificio con lo scopo di rilevare
piante e ritratti sullo stato di conservazione delle rocche e delle
fortificazioni della provincia di Perugia - scrisse che in Montefalco si
coltivavano buone vigne che producevano ottimi vini.
Nei secoli seguenti, Montefalco e il suo Sagrantino sono spesso citati in altri
documenti, sempre lodando le loro qualità enologiche. In occasione della
Esposizione Umbra che si svolse a Perugia nel 1899, il Sagrantino di
Montefalco ottenne un grande riconoscimento che fu utile al suo rilancio
commerciale. Tuttavia il Sagrantino conobbe - nei decenni a venire - un
sostanziale declino, tanto che negli anni 1960 era quasi scomparso dalle vigne
di Montefalco. Altre uve famose e capaci di promettere maggiori successi,
stavano infatti prendendo il posto nei vigneti di Montefalco. Fu grazie agli
esperimenti condotti da pochi ma tenaci produttori, e condotti all'inizio degli
anni 1970, che riconsegnarono trionfalmente a Montefalco la sua uva Sagrantino.
Fu così che dopo diversi tentativi e infinita passione, si arrivò alla
trasformazione dello stesso vino tradizionale di Montefalco, che da passito e
dolce - come dettava la tradizione del luogo - si arrivò alla produzione di un
vino secco, robusto e imponente; un'innovazione enologica che ha dato al
Sagrantino una nuova veste e lo ha fatto arrivare alla vetta dell'enologia
mondiale. Oggi, nonostante il vino di Montefalco più celebre sia quello nella
versione secco, il Sagrantino conserva intatta anche la sua origine
espressa dal vino dolce e robusto, nel quale la tradizione incontra la moderna
enologia per un rinnovato successo che sembra quasi inarrestabile.
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