Quando gli uomini hanno iniziato a comprendere i processi fondamentali
dell'enologia e a controllarli, i vini che si producevano erano in larga parte
dolci. Non parliamo dei tempi moderni, quelli che hanno consentito di
comprendere la fermentazione dal punto di vista biologico e chimico, ma di tempi
decisamente più remoti. Tempi nei quali l'uomo comprese che il succo d'uva, per
una sorta di magia che assomigliava all'ebollizione (da cui il termine
fermentazione, derivato dal latino fervere, cioè bollire o agitare)
si trasformava in una bevanda gradevole, dall'effetto corroborante e inebriante,
cioè in vino. Sarà stato anche per questioni legate al gusto di quei tempi,
oramai lontani di millenni, che i vini più celebrati della storia remota avevano
in comune la stessa caratteristica, cioè avere un gusto decisamente dolce.
Questa qualità potrebbe essere stata necessaria per contrastare l'acidità che,
probabilmente, a causa della minore conoscenza sulla conservazione, i processi
chimici e biologici legati ai batteri acetici, a quei tempi poteva essere
piuttosto frequente e spiccata.
La dolcezza dei vini di quei tempi potrebbe essere conseguenza del non
completamento del processo di fermentazione, forse anche a causa
dell'abbassamento della temperatura con l'arrivo delle stagioni fredde,
lasciando quindi un residuo zuccherino elevato. Tuttavia a quei tempi la pratica
di produrre vini con uve appassite e surmature era molto frequente, qualcosa che
fa comunque presupporre l'intenzione di produrre vini dal gusto decisamente
dolce. È probabile che la dolcezza - e l'acidità - raggiungessero livelli così
elevati tanto che il consumo di vino, almeno nelle classi sociali abbienti e
nobili, era previsto solo dopo averlo diluito in acqua, qualcosa che accadeva,
per esempio, durante i celebri simposi degli antichi greci. Va altresì detto che
nell'antica Grecia, il consumo del vino non diluito era considerato
volgare e disdicevole, abitudine che si attribuiva generalmente
alla gente greve e rozza, forse anche per l'inevitabile conseguenza che questo
portava, cioè all'ubriachezza.
Grazie all'alto contenuto di zuccheri e, non da ultimo, il volume alcolico,
questi vini si prestano molto bene alla maturazione poiché questi due elementi,
uniti all'acidità nei vini bianchi o ai polifenoli in quelli rossi,
contribuiscono enormemente alla loro conservazione. I vini prodotti con uve
appassite possono maturare per molti anni in bottiglia, sviluppando con il
tempo, qualità di estrema complessità, soprattutto dal profilo olfattivo,
conservando la tipica spiccata dolcezza e morbidezza. La tendenza generale dei
nostri tempi, relativamente al gusto del vino, preferisce quelli secchi
lasciando a quelli dolci un mercato decisamente ristretto e destinato a pochi
appassionati. La scarsa disponibilità di prodotti di autentica qualità e pregio
ha probabilmente determinato questo tipo di mercato poiché - va detto - molti
dei vini dolci sono prodotti con tecniche decisamente discutibili restituendo un
vino dalla qualità, e soprattutto, con caratteristiche organolettiche,
decisamente deludenti e modeste.
La produzione dei vini dolci è essenzialmente svolta con tre metodi principali.
Il più frequente e tipico prevede l'uso di uve appassite, che hanno perso quindi
parte dell'acqua con conseguente concentrazione degli zuccheri, successivamente
pigiate e fermentate. Altro metodo consiste nell'interruzione del processo di
fermentazione così da lasciare nel vino una quantità di zuccheri residui e
quindi dolcezza. Il terzo metodo, non ammesso in molti paesi del mondo, fra
questi l'Italia, consiste nell'aggiungere uno sciroppo di zucchero o
direttamente zucchero a un vino secco. A tale proposito è opportuno ricordare
che questa tecnica è impiegata nella produzione di molti spumanti metodo
classico, ai quali, dopo il termine della rifermentazione in bottiglia, si
aggiunge una miscela dello stesso vino, talvolta acquavite e infine zucchero con
lo scopo di regolare la dolcezza finale. Per completezza d'informazione, questi
sono gli unici vini per i quali è ammessa in Italia, così come in altri paesi,
l'aggiunta di zucchero.
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I vini passiti, dopo
un lungo affinamento in bottiglia, assumono un colore ambra scuro | |
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La tecnica più frequente - come già detto - consiste nell'impiego di uve
appassite, successivamente pigiate e vinificate. L'appassimento delle uve può
essere svolto in modi diversi, tutti comunque con la stessa finalità, cioè
diminuire il contenuto d'acqua negli acini così da concentrare gli zuccheri e le
sostanze acide. Durante l'appassimento, l'attività biologica degli acini non si
interrompe, pertanto si ottiene - come effetto collaterale - anche un
significativo processo di maturazione. L'appassimento si svolge generalmente
facendo uso di tre tecniche distinte, ognuna delle quali offre vantaggi e
svantaggi, pertanto la loro applicazione è scelta in funzione del tipo di vino
che si vuole ottenere. Di queste tecniche, come vedremo più avanti, una non è
esattamente spontanea e naturale, in ogni caso produce il risultato di
appassire gli acini e la concentrazione mediante la riduzione di acqua.
Il metodo più semplice consiste nel lasciare i grappoli nella vite e attendere
il naturale avvizzimento degli acini, quindi si procede con la raccolta. Questa
tecnica è piuttosto diffusa, tuttavia quella più frequente consiste nel
raccogliere le uve mature - o, in molti casi, surmature - quindi disporre i
grappoli sopra dei graticci all'interno di un locale e attendere il loro
appassimento. Talvolta l'appassimento dei grappoli è svolto non sui graticci ma
appendendoli a dei fili su appositi telai. Il locale impiegato per
l'appassimento delle uve, facendo uso di questi due metodi, deve avere delle
caratteristiche specifiche. Fra le conseguenze più insidiose dell'appassimento
delle uve, ma anche più frequenti, troviamo la formazione di muffa che, quando
si sviluppa eccessivamente, porta al danneggiamento degli acini fino a farli
marcire. Per questo motivo, il locale di appassimento deve essere ben arieggiato
così da evitare pericolose condizioni di umidità tali da favorire lo sviluppo
della muffa.
Per evitare ulteriormente gli effetti dell'eventuale muffa, molti produttori
preferiscono appendere i grappoli legati a degli appositi telai lasciandoli
quindi liberi da ogni tipo di contatto, qualcosa che accade nei graticci,
imponendo la necessità di rivoltare periodicamente i grappoli. L'ultima tecnica
utilizzata per l'appassimento dei grappoli - e fortemente avversa fra gli
appassionati di vino e da molti produttori - consiste nel collocare i grappoli
maturi all'interno di una cella termocondizionata. In questo modo si possono
controllare tutti i fattori che determinano l'appassimento delle uve, come
temperatura, umidità e perfino l'introduzione controllata di spore di muffe così
da produrre particolari risultati organolettici. La muffa non sempre è negativa
per la produzione di vini dolci e passiti. Va detto che non tutti i tipi di
muffa, controllandone sempre e comunque lo sviluppo, producono un peggioramento
delle uve.
La botrytis cinerea - nota anche come muffa nobile - può infatti
conferire alle uve delle qualità organolettiche di estrema complessità e
piacevolezza sensoriale. La botrite è comunque una muffa e per ottenere gli
effetti positivi sul vino è indispensabile che il suo sviluppo sia estremamente
controllato poiché, quando si sviluppa eccessivamente, fa marcire gli acini. I
vini dolci prodotti con uve affette da botrytis cinerea sono fra i più
costosi e ricercati del mondo - fra i più celebri ricordiamo il Sauternes e il
Tokaji Aszú - e il miracolo si compie grazie alle particolarissime
condizioni ambientali che limitano lo sviluppo della muffa. Le condizioni
ottimali devono essere infatti tali da non favorire l'eccessivo sviluppo di
questa muffa, effetto che si ottiene con l'alternanza di notti umide e giornate
secche, calde e ventilate. Questa condizione consente lo sviluppo della botrite
nelle ore notturne e la sua regressione nelle ore del giorno, garantendo la sua
presenza negli acini ma senza consentirne gli effetti che portano alla
marcitura.
L'interruzione della fermentazione è un altro metodo utilizzato per la
produzione dei vini dolci. Questa tecnica non prevede necessariamente l'uso di
uve appassite; in genere i vini prodotti con questa tecnica sono ottenuti da uve
mature e vinificate subito dopo la raccolta. L'interruzione della fermentazione
lascia al vino una quantità di zucchero che conferirà dolcezza e un volume
alcolico piuttosto modesto, in accordo al momento nel quale il processo è
interrotto. Questo metodo è generalmente utilizzato per certi spumanti dolci
prodotti con il metodo Charmat - come Asti e Brachetto d'Acqui - ed è inoltre
tipico per la produzione di uno dei vini fortificati più celebri del mondo: il
Porto. Il celebre vino portoghese è infatti prodotto interrompendo la
fermentazione del mosto mediante l'aggiunta di acquavite, operazione che
letteralmente intossica i lieviti bloccandone l'attività. Il risultato è
quindi un mosto leggermente fermentato e fortemente alcolizzato, consegnato poi
alla magia del tempo così da restituire, dopo anni di paziente attesa, un vino
di monumentale grandezza.
La dolcezza nei vini può essere ottenuta anche mediante l'aggiunta di zucchero.
Va detto che questa pratica è generalmente vietata nella quasi totalità dei
paesi produttori di vino, tuttavia è ammessa in alcuni casi specifici. La
pratica di aggiungere zucchero al vino non va confusa con lo
zuccheraggio, cioè l'aggiunta di zucchero al mosto con lo scopo di
aumentane il potenziale di alcol prodotto al termine della fermentazione,
pratica che, va ricordato, non è ammessa in molti paesi, Italia compresa. Lo
zucchero può essere aggiunto in alcuni tipi di vino e il caso più frequente di
questa tecnica è quello dei vini spumanti metodo classico. Al termine della
rifermentazione in bottiglia, dopo la sboccatura, in questi vini si può
aggiungere una miscela di vino, zucchero ed eventualmente acquavite, con lo
scopo di caratterizzare il prodotto finale. È questa operazione che determina
infatti lo stile finale dello spumante, dal pas dosè - cioè senza
zucchero aggiunto - fino allo stile dolce, nel quale lo zucchero può
anche superare i 50 grammi per litro.
I vini dolci, in questo caso prodotti con uve appassite, si prestano molto bene
alla maturazione sia in legno sia in bottiglia. La maturazione in legno non è
comunque una scelta obbligatoria per questi vini, poiché in molti casi -
producendo risultati di assoluto pregio - il produttore decide di condurre la
maturazione in contenitori inerti, come acciaio o cemento. Grazie alla loro
spiccata complessità, molto spesso la maturazione in legno, quando condotta per
lungo tempo e in botti dal forte carattere, tendono a snaturare e a coprire le
qualità peculiari del vino stesso. A questo proposito è bene ricordare che la
maturazione in legno non riguarda solamente l'apporto di profumi e sapori ad
esso riconducibili, piuttosto al prezioso e lentissimo processo di ossidazione
che si ottiene con il tempo. Questa lenta ossidazione consente infatti ai vini
passiti di sviluppare ulteriormente le loro qualità organolettiche, aumentandone
quindi la complessità e l'intensità.
I vini passiti hanno comunque un potenziale di maturazione estremamente lungo,
anche di decine di anni. Con il tempo il colore dei vini bianchi tenderà ad
assumere tonalità ambra scuro, mentre in quelli rossi si noterà uno spiccato
rosso granato e sfumature rosso arancio. Saranno comunque gli aromi a
beneficiare maggiormente dal tempo. Se in gioventù i profumi di questi vini
ricordano la frutta secca e i fiori secchi, con il tempo si vestono di lussuose
confetture alle quali si aggiungono sensazioni eteree e terziarie di enorme
complessità. In altre parole, un vino passito lungamente affinato, non è un vino
da apprezzare in modo distratto: chiede la completa attenzione del degustatore.
Al gusto si percepirà sempre una spiccata dolcezza e la tipica rotondità tende a
svilupparsi ulteriormente restituendo, in alcuni casi, un vino dalla consistenza
sciropposa, quasi viscosa. Nel caso di vini rossi passiti, la tipica astringenza
dei tannini sarà fortemente levigata producendo in bocca una sensazione
vellutata che si unisce a quella della dolcezza e della morbidezza.
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