Il vino, quando si resta nella virtù della moderazione, è certamente un piacere.
Piacere di arricchirsi di una cultura millenaria, piacere della buona compagnia
e della buona tavola - il vino, da sempre, chiama alla convivialità, bevanda
dall'alto significato sociale - e, non da ultimo, piacere dei sensi. Il vino è
anche espressione del genio dell'uomo, che ha saputo trasformare una materia
fornita dalla Natura - l'uva - in bevanda eccelsa, controllando e interagendo
con il processo naturale che, inevitabilmente, porterebbe alla creazione
di aceto. Il vino, e il piacere del vino, chiede rispetto, non solo per la
cultura e l'espressione dell'evoluzione del genere umano, ma anche per poterlo
comprendere, per comprendere il piacere che può donare. In mancanza di rispetto,
cioè quando a questo si sostituisce l'abuso e l'eccesso, il vino ricambia,
parimenti, abusando della salute e della dignità di chi, sconsideratamente, gli
manca di rispetto. Che poi, in definitiva, manca di rispetto solo a sé stesso.
Questo vale per ogni cosa e il vino non fa eccezione: ogni cosa può essere
buona o cattiva a seconda di come si usa o di come si abusa.
Il vino non è solo piacere dei sensi. La scienza medica da tempo ci informa che
il saggio consumo di vino può portare anche a benefici per la salute, qualcosa
che non si verifica di certo con l'eccesso. Le virtù e le qualità salutari del
vino erano note già in tempi antichi: non solo era base di diverse bevande
corroboranti, ma anche base per elisir a base di erbe. A questo proposito, è
opportuno ricordare anche l'uso medico che si faceva in passato dei vini
dolci, spesso prodotti con uve attaccate dalla muffa nobile, cioè dalla
Botrytis Cinerea. Questi particolari e costosissimi vini, erano
considerati alla stregua di farmaci, spesso prescritti dai medici per la
riabilitazione dei malati. A causa del loro elevato costo e pregio, era un
rimedio che non molti potevano permettersi, ovviamente, così come erano in pochi
a poterlo versare nei calici, anche se per puro piacere. Appannaggio della
classe abbiente e nobile, i vini dolci e passiti raramente si ritrovavano nelle
tavole delle classi meno abbienti, salvi i casi nei quali si disponeva di una
vigna e si sacrificava parte delle uve che, lasciata appassire, si usava
per la produzione del vino dolce e, in ogni caso, letteralmente
centellinato.
Il vino, innegabilmente, ha suscitato l'interesse degli uomini per le sue
qualità edonistiche, non solo per la sua capacità di dare piacere ai
sensi. Da sempre alleato della buona tavola, nel corso della storia dell'umanità
ogni pasto vedeva nel vino la scelta naturale per accompagnare i cibi.
Questo, ovviamente, nei paesi nei quali la vigna era presente in modo esteso e
radicato nelle culture e nelle economie locali, in particolare, i paesi del
bacino Mediterraneo. Non solo a tavola, ma anche nei momenti di riposo, il vino
ha da sempre accompagnato i piaceri degli uomini, bevanda di elezione nei
momenti sociali, informali o formali che siano. Bevanda solenne, dall'alto
significato rituale, il vino è da sempre versato al termine di incontri
importanti per suggellare il raggiungimento di un accordo o di un patto. Il
brindisi, poi, è l'apice dell'augurio di buona salute e di buona compagnia: non
manca mai nei momenti celebrativi.
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L'aspetto è uno dei fattori che costituiscono
la piacevolezza di un vino | |
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A questo proposito, curiosa l'etimologia del termine brindisi, che nei
paesi di lingua inglese diviene to toast. Brindisi deriva dal tedesco
bring dir's, letteralmente porto a te (il bicchiere) in forma di
saluto e augurio. Nei paesi di lingua inglese si usa invece toast, il
quale significato riconduce alla fetta di pane tostato, poiché, in tempi
antichi, gli Inglesi pare fossero soliti inzuppare del pane tostato nel
bicchiere di vino prima di berlo. Curiosa anche la derivazione del celebre
cin cin, diffusissimo in Italia. Pare sia stato introdotto dalla Cina
meridionale ed era una forma di saluto cortese e amichevole adottata dai marinai
che pronunciavano qing qing, dal significato prego prego. Il
motivo per il quale questa formula si usi in Italia - in passato diffusa anche
in altri paesi europei - è probabilmente dovuta al suono dei calici quando si
toccano nel gesto del brindisi. Infine, di origine latina, la parola
prosit, dal significato che (ti) sia favorevole. In ogni caso, al
vino si associa sempre un significato di benevolo augurio e di buona salute.
Piacere della buona tavola, piacere della buona compagnia, piacere di scambiarsi
benevoli auguri, ma soprattutto, il piacere della qualità del vino. Da quando
l'uomo ha scoperto come ricavare dal succo dell'uva una bevanda
inebriante e gradevole, ha sempre cercato di renderla più piacevole e più buona.
Inutile negarlo, intorno alla produzione del vino esiste - da sempre - una sorta
di competizione su chi sia capace di produrre il vino più buono, quello capace
di regalare la migliore piacevolezza ai sensi degli uomini. Ne sono la prova i
pressoché infiniti dibattiti su questo tema, le opinioni, le guide e le prese di
posizione: tutti con il medesimo obiettivo di affermare e stabilire il vino
migliore, cioè, più buono e piacevole, di maggiore qualità. Nella storia
dell'umanità, il vino è probabilmente il prodotto della terra per il quale si è
dibattuto maggiormente e si sono create competizioni, anche spietate, e per il
quale si è posta una maniacale attenzione sulla sua qualità e sulla sua
piacevolezza. Testimonianza di questo, i tanti riferimenti, le tante citazioni
che già in tempi remoti riempivano libri e scritti, tutti a raccontare quale
vino e quale zona fosse migliore.
Vista, olfatto, gusto, emozioni: sono tutte qualità che si chiedono a un buon
vino per essere considerato piacevole. Il piacere del vino non è comunque di
semplice determinazione, poiché altamente soggettivo e fortemente condizionato
dal proprio umore, dalla propria cultura e, non da ultimo, da elementi sociali,
psicologici e storici. La piacevolezza del vino, ma più propriamente il gusto
per il vino piacevole, è decisamente cambiato nel corso della storia. Un vino
prodotto ai tempi degli antichi Romani - per esempio - che seguiva canoni
enologici e di gusto ritenuti piacevoli a quei tempi, con molta probabilità
risulterebbe poco gradito al gusto degli uomini moderni. Lo stesso, è
parimenti probabile, potrebbe accadere per il contrario: il riferimento moderno
del gusto e della piacevolezza del vino, risulterebbe per niente gradevole e
piacevole agli antichi Romani.
Le testimonianze relative ai vini prodotti in tempi remoti, attribuiscono alla
bevanda di Bacco un gusto tendenzialmente dolce oppure marcatamente dolce. Le
descrizioni lasciano talvolta intuire anche un gusto tendenzialmente acidulo,
probabilmente dovuto alla scarsa conoscenza enologica di quei tempi. L'enologia
è una scienza che ha richiesto secoli di studio ed esperienza per comprendere il
processo di vinificazione. Inoltre, è probabile che questo fosse dovuto alle
difficoltà che si avevano nella conservazione del vino e nel portare a
completamento la fermentazione. Queste considerazioni potrebbero spiegare
l'usanza di diluire il vino con acqua - anche di mare, quindi salata - che si
adottava in occasione dei simposi dell'antica Grecia e dei baccanali dell'antica
Roma. Questa pratica lascerebbe pensare a un rimedio capace di mitigare sia la
dolcezza, sia l'acidità del vino, quindi la sua bevibilità. A questo proposito,
è bene ricordare che, a quei tempi, bere vino non diluito con acqua - quindi
puro - era ritenuto sconveniente e volgare.
Il vino, così come lo conosciamo oggi, cioè dal gusto secco, è il prodotto di
un'evoluzione enologica e del gusto, una pratica che che ha poco più di 400 anni
di vita. Il miglioramento delle pratiche enologiche si deve in larga parte
all'opera svolta in diversi monasteri d'Europa, in particolare degli ordini dei
Benedettini, Cluniacensi e Cistercensi. Il vino, com'è noto, è un elemento
fondamentale per la celebrazione dell'eucarestia nei riti cristiani, pertanto la
vigna e il vino erano prodotti fondamentali all'interno dei monasteri. Questo
consentì sia la salvaguardia della vite e del vino in Europa, sia lo sviluppo
concreto e fondamentale dell'enologia e sarà proprio grazie a questa conoscenza
che il vino divenne secco abbandonando il tradizionale gusto dolce. Ed è sempre
grazie al lavoro svolto nei monasteri che si potrà perfezionare uno dei vini più
celebri di tutti i tempi: lo Champagne. Com'è noto, questo celebre vino fu
perfezionato nell'abbazia Saint-Pierre d'Hautvillers per opera di Dom Pierre
Pérignon, anche se - va detto - la rifermentazione in bottiglia era una pratica
già nota a quei tempi e probabilmente originaria dell'Italia.
Il piacere del vino - e su questo, probabilmente, sono tutti d'accordo - è
principalmente legato alla sua qualità e, quindi, alla mancanza di difetti. Va
detto che, molto spesso, un vino perfetto, privo di difetti apparenti o
evidenti, può risultare anche noioso, troppo prevedibile nella sua esatta
interpretazione. Negli ultimi venti anni, il piacere del vino e il modo di
vedere il vino, ha subito così tanti cambiamenti, abbracciando nuovi stili e
nuove mode, per poi rinnegarle e magnificare le caratteristiche un tempo
considerate sgradevoli e grevi. Basti pensare, per esempio, alla moda, quasi
ossessiva, così tanto in voga una ventina di anni fa e che ha visto come
protagonista la barrique. A quei tempi, bastava anche solo pronunciare
barrique o scriverla nelle etichette, per assicurarsi gran parte del
successo commerciale. Ogni vino fermentato o maturato in barrique, doveva essere
per forza di qualità, doveva essere certamente un vino piacevole e buono.
Oggi si assiste a un'inversione di tendenza netta: solo il semplice accenno alla
barrique provoca un sentimento quasi opposto, emblema della più alta
omologazione enologica.
Allo stesso modo, dopo avere incoronato per decenni l'uso della tecnologia in
cantina, capace di regalare vini impeccabili sul piano tecnico, ma con il
difetto di produrre vini fin troppo simili fra loro, oggi si tende a tornare
verso quei vini prodotti con tecniche ancestrali. Ecco quindi che anche il
minimo accenno di profumi riconducibili all'uso dei lieviti selezionati, oggi si
tende, in termini generali e di tendenza - o forse, di opportunità - a
classificare quel vino come industriale. Se un tempo i profumi conferiti
dall'attività dei lieviti erano segno di piacevolezza nel vino, oggi - per molti
appassionati - quegli stessi profumi abbassano la piacevolezza del vino. Vini
prodotti con tecniche, per così dire, meno rigorose, ma capaci di restituire al
vino una dimensione sensoriale di un tempo passato, proprio quel tempo,
enologicamente parlando, tanto dileggiato e considerato rozzo. Un tempo i
vini fermentati o maturati in barrique - bianchi e rossi, senza distinzione -
erano facilmente associati alla qualità e, quindi, alla piacevolezza. Oggi,
invece, si tende a favorire l'espressione dell'uva e del territorio.
Questo aspetto è certamente auspicabile, anzi, fondamentale e irrinunciabile. Il
gusto e la cultura dei consumatori del vino sono certamente cambiati rispetto a
venti anni fa: sicuramente in questo tempo si è maturata una maggiore cultura e
una migliore competenza analitica e critica. Questo fenomeno è certamente utile
alla qualità e alla piacevolezza del vino: consumatori più attenti e
competenti, chiedono inevitabilmente ai produttori di produrre vini capaci
di soddisfare questi requisiti, in altre parole, vini che incontrano il favore
del mercato. Oggi, infatti, al vino si chiede non solo la qualità - che per
certi aspetti è piuttosto soggettiva - ma anche la capacità di raccontare un
territorio e le sue uve. Questi concetti non sono estranei al concetto di
piacevolezza del vino poiché gratificano le aspettative psicologiche del
consumatore che, spesso, è anche disposto ad accettare difetti palesi, a patto
che sia un vino diverso dal solito.
Il piacere del vino, nel corso dei secoli, è cambiato e si è adattato secondo le
mode e le abitudini delle società dove si produce. Non meno importante,
il cambiamento - e con questo il modello di piacevolezza - è stato
determinato anche dalle abitudine alimentari e dalla cucina. Bevanda, oggi più
che mai, dal significato edonistico, il vino - anche a tavola - deve sapere
regalare piacevolezza incontrando i profumi e i sapori della cucina moderna. Un
buon abbinamento enogastronomico, per esempio, aumenta il piacere della tavola
ma anche del vino stesso. Di una cosa si può essere comunque certi: il piacere e
il gusto del vino sono destinati a cambiare in futuro. Cambieranno i riferimenti
della qualità ed evolverà, com'è naturale, il gusto degli uomini. O forse,
torneranno di moda i gusti di un tempo lontano, forse più per un fatto
nostalgico e romantico, qualcosa che, innegabile, stiamo vivendo anche in questi
tempi.
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