Gli eventi legati al mondo del vino sono sempre interessanti, ottime opportunità
per conoscere nuovi vini e nuovi amici, incontrare quelli vecchi e scambiare
opinioni sul vino, tutti accomunati dalla stessa passione, anche se spesso
animata da punti di vista diversi. In Italia - e non solo in questo paese -
occasioni di questo tipo sono molto frequenti, dalle fiere alle serate tematiche
di degustazione, dai seminari su determinati vini e vitigni, agli incontri con i
produttori. E tutte sono parimenti importanti, poiché tutte hanno come obiettivo
quello di diffondere la cultura del vino, di nobilitare questa millenaria
bevanda e, grandi o piccole che siano, sono tutte occasioni che concorrono al
medesimo obiettivo. Questo sforzo corale va certamente onorato, tenendo
lontane le invidie e le opposizioni di chi, non avendo niente di meglio da
proporre, tende a sminuirle, se non a denigrarle.
Questo vale anche per il mondo del vino scritto o parlato, così
variegato e così pieno di personaggi che pensano solamente ad
autocelebrarsi nell'ipocrita sfida di apparire migliore degli altri,
dimostrando invece tutta la propria pochezza. C'è posto per tutti,
nessuno è migliore di nessun altro, ognuno contribuisce per quello che crede o
per quello che può, ogni voce è parimenti degna e utile alla stessa causa. Non
dovremmo dimenticarlo. Ognuno esprime la propria idea, ognuno sostiene il
proprio punto di vista, ognuno segue la moda che meglio ritiene credibile o
rappresentativa in un certo momento. E le mode - si sa - cambiano con il tempo e
non solo per motivi di opportunità o di mercato, spesso diventano concetti
simili a dogmi indiscutibili, inoppugnabili, nuove vie di credere e di religione
enologica. Nel corso degli ultimi anni, per esempio, di mode nel mondo del vino
se ne sono viste tante, santificate nel loro momento migliore, rinnegate subito
dopo, quindi dileggiate.
Per esempio, prima c'era la barrique e tutte le sue infinite meraviglie, oggi la
barrique è vista con disprezzo, rinnegata e messa all'angolo come se fosse
portatrice di invereconde sofisticazioni. Oggi è praticamente diventata
l'emblema del peggiore vino, quello meno genuino, tanto che anche i
produttori sono riluttanti nel nominarla, nonostante molti continuino a usarla.
La morale di tutto questo - spesso dimenticata - è che la barrique non è né
buona né cattiva: il suo contributo dipende dall'uso che se ne fa in cantina, al
pari di qualsiasi altro strumento o tecnica enologica. In altre parole, non è lo
strumento ad essere cattivo, è l'uso che se ne fa. Lo stesso vale per l'impiego
della tecnologia che ha invaso cantine e vigneti - consentendo la produzione di
vini con meno difetti - oggi vista come un modo di snaturare il vino, pertanto
argomento scomodo al quale però nessuno rinuncia. Lo stesso vale per l'impiego
della chimica, spesso dimenticando che la chimica è parte naturale e integrante
della vinificazione. Buona o cattiva, dipende dall'uso che se ne fa.
Sarà forse per il cattivo uso che si è fatto negli ultimi anni dei vari
strumenti enologici e delle nuove tecnologie, che oggi si sente sempre più
parlare di vini naturali, anche se, in verità, non è molto chiaro cosa
sia o cosa dovrebbe essere veramente un vino naturale. Molte sono le opinioni in
merito e non tutte sono concordi fra loro: c'è chi ritiene che un vino naturale
debba essere prodotto senza nessun intervento dell'uomo - salvo fatte,
ovviamente, le essenziali operazioni di raccolta e vinificazione - altri invece
tollerano interventi fitosanitari in vigna o il controllo della vinificazione.
Insomma, per vino naturale c'è chi sostiene un metodo di vinificazione
ancestrale, quasi primitivo, per altri invece è semplicemente la
limitazione d'uso di sostanze chimiche e fitosanitarie di sintesi, compresi i
lieviti selezionati e l'anidride solforosa. Quest'ultima poi - non va
dimenticato - è comunque parte di ogni processo di vinificazione, poiché è un
sotto prodotto della fermentazione alcolica, quindi, i lieviti, se la producono
da soli. In altre parole, non può esistere un vino nel quale l'anidride
solforosa sia totalmente assente.
Torniamo alle mode del vino e agli eventi legati alla bevanda di Bacco. Oggi è
innegabile che il tema dei cosiddetti vini naturali sia molto di moda,
oramai diventato l'unico credo fra le persone che si ritengono esperte. Non
è chiaro - in verità - se il clamore intorno ai vini naturali sia dovuto
a nobili motivi salutistici (un prodotto salutare è evidentemente sempre e
comunque preferibile) oppure si tratti dell'ennesima speculazione commerciale, o
- infine - un ritorno al passato che, in quanto tale, non può più tornare se non
nei ricordi dettati dalla nostalgia. Le manifestazioni legate al vino si sono
necessariamente adeguate alla nuova moda. Se in passato tutti disdegnavano i
vini oggi ritenuti naturali - rei di essere troppo vicini alla rozzezza del
cosiddetto vino del contadino - esaltando invece quello prodotto dalle
meraviglie della tecnologia e del progresso, oggi si verifica l'esatto
contrario. Ecco quindi che nelle fiere e nelle manifestazioni enologiche i
produttori fanno notare, con non poco orgoglio ed enfasi, quando un vino è
naturale.
Una cosa che però si riscontra con una certa frequenza nei cosiddetti vini
naturali - così com'è stato in passato per i vini biologici - è la
presenza di certi difetti non proprio lievi. E quando si fa notare al produttore
la presenza di un certo difetto, dopo l'imbarazzo iniziale, la risposta è sempre
la stessa: «be', sa com'è, è un vino naturale». Come se naturale debba
essere necessariamente sinonimo di difetto. Non tutti i vini naturali
sono ovviamente caratterizzati da difetti: ci sono tanti produttori che usano un
approccio naturale e hanno ampiamente dimostrato che si possono creare grandi
vini limitando l'impiego di tecnologie o additivi chimici. In altre parole, è
come si usa un metodo a farlo buono o cattivo. Quello che da fastidio invece, è
che un difetto possa essere giustificato con un presunto pregio. Un difetto è
sempre e comunque un difetto. E se naturale significa vino con difetti, allora -
forse - l'approccio naturale non è compatibile con la qualità, fattore che resta
comunque essenziale per la bontà e la piacevolezza di ogni vino. E anche un
difetto, per quanto naturale, non è mai piacevole, nonostante le giustificazioni
o le scuse.
Antonello Biancalana
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