Era notizia di qualche mese fa, nella quale si rendeva noto il disinteresse delle
nuove generazioni al consumo di vino, prevedendo inoltre un progressivo calo dei
consumi per i prossimi 15 anni. Che il consumo del vino non stia attraversando
– per così dire – un periodo entusiasmante, non è più una novità, soprattutto
quello dei vini rossi, spodestati dal loro trono dai bianchi, rosati e spumanti.
In questo senso, hanno svolto un ruolo sicuramente decisivo le campagne di
informazione e l'abbassamento dei limiti legali del tasso alcolemico consentito
per la guida di veicoli. Non è infatti un mistero che i vini a bassa gradazione
alcolica, così come quelli senza alcol o dealcolati – meglio definiti
dealcolizzati – stiano vivendo un momento decisamente positivo per quanto
riguarda i consumi. Va anche detto che, negli ultimi anni, si stanno affermando
nuove bevande con supposti – spesso esagerati – benefici per la salute
e con pochissimo alcol, nonostante nel loro processo di produzione sia prevista
anche la fermentazione di zuccheri per mezzo di lieviti.
Il recente studio condotto dall'Osservatorio Enpaia-Censis, in realtà,
restituisce un quadro decisamente diverso e – a quanto pare – i giovani sono
piuttosto interessati al vino. Inoltre, secondo quanto emerge da un'indagine
svolta dalla Coldiretti, i giovani con un'età inferiore ai 35 anni sono
particolarmente attive nella gestione di aziende agricole e che si occupano della
produzione di vino. Insomma, secondo questi due studi, non solo ai giovani
interessa il consumo di vino, ma sono anche interessati alla sua produzione.
Resta comunque un dato di fatto che, in ogni caso, il consumo del vino è
cambiato, sia nelle preferenze, sia nelle modalità. Per completezza, i giovani
mostrano inoltre interesse anche al consumo delle nuove bevande che si stanno
imponendo sul mercato e che erano praticamente sconosciute fino a qualche anno
fa. Il vino – inevitabilmente – è chiamato al confronto diretto, per meglio
dire, alla concorrenza, con queste nuove bevande che promettono meraviglie in
termini di benefici per la salute. Nemmeno a dirlo, un successo conseguito anche
per ragioni legate alla moda del momento.
A tale proposito, è tendenza oramai consolidata quella del crescente successo di
bevande analcoliche così come di vino dealcolizzato – in parte o del tutto –
nella fascia dei consumatori cosiddetti giovani. Bevande come
kombucha e proxies si stanno facendo largo nelle preferenze dei
giovani consumatori, certamente anche per ragioni legate alla moda e alle
tendenze del momento. Si stanno inoltre affermando bevande caratterizzate da
un'acidità più o meno spiccata, spesso conferita dall'acido acetico – il
kombucha è, di fatto, una di queste – probabilmente sostenute anche da supposte,
spesso esagerate, qualità in termini salutistici. Non ho alcuna intenzione,
ovviamente, di osteggiare o sminuire queste bevande visto che, per quanto
riguarda il kombucha – che io continuo a chiamare con il nome cinese
Chá Jūn e con il quale l'ho conosciuto più di trenta di anni fa –
visto che lo produco e lo consumo da decenni. Esattamente come vino, birra e cibi
fermentati in genere.
È comunque evidente che ogni moda, tendenza, cambiamento di preferenze nei
consumi, hanno una conseguenza diretta nel mercato al quale fanno riferimento e
non solo in termini di concorrenza. Lo scorrere delle generazioni,
inevitabilmente, introducono cambiamenti nelle abitudini, oltre che culturali.
Secondo quanto emerge dal rapporto Enpaia-Censis, il 67,7% dei giovani – nella
fascia di età compresa fra 18 e 34 anni – associa il consumo del vino in
occasioni legate alla socialità, mentre il 79,1% delle persone oltre i 65 anni
lo associano in occasione dei pasti. Nello specifico, come già detto, il 67,7%
dei giovani preferisce consumare il vino in compagnia, il 45,3% in contesti
fuori casa e il 34,4% durante i pasti. Nella fascia dei consumatori oltre 65
anni, il 36% associa il consumo a contesti di socialità – quindi in compagnia
di altri – il 14,2% fuori casa e, come già detto, il 79,1% è solito consumare
vino in occasione dei pasti.
Il 55,3% della fascia di consumatori intermedia associa il consumo del vino in
contesti di socialità, quindi in compagnia di altri, il 55% in occasione dei
pasti mentre il 34,5% è solito consumarlo fuori casa. Per quanto riguarda
l'origine dei vini, il 96,5% preferisce consumare quelli di produzione nazionale
e l'83,1% dei consumatori si orienta sui vini DOP e IGP. Da questo rapporto,
inoltre, emerge il forte legame degli italiani con il vino di produzione
nazionale. Il 96,2%, infatti, considera il vino italiano un prodotto di qualità,
il 96,1% lo preferisce per il suo gusto, il 93,8% per motivi tradizionali, il
92% per ragioni identitarie e l'84,4% per la sostenibilità. Sempre secondo
questo studio, per il 54,8% degli italiani la scelta di un buon vino è motivo di
emozione, nello specifico, lo è per il 53,7% dei giovani, il 64,8% degli adulti
e il 37,8% della fascia oltre i 65 anni. Interessante, non da meno, la cultura
del consumo: il 93,8% ritiene importante la consapevolezza del consumo moderato
e responsabile.
Lo pensa, nello specifico, l'88,4% dei giovani, il 94,3% degli adulti e il
96,9% della popolazione oltre 65 anni. Per quanto riguarda le campagne
informative con l'obiettivo di scoraggiare il consumo del vino, associandolo agli
eventuali effetti negativi sulla salute – comprese le relative indicazioni di
avvertimento nelle etichette – il 75,3% dei consumatori si dichiara contrario.
Nello specifico, è sfavorevole a questo genere di informazione il 66,5% dei
giovani, il 79,4% degli adulti e il 73,8% dei consumatori oltre i 65 anni. Il
rapporto ha inoltre raccolto l'opinione dei consumatori italiani sull'effetto dei
cambiamenti climatici in relazione al vino. L'82,6% ritiene che il cambiamento
influirà la disponibilità e la produzione del vino, pur essendo fiducioso sulla
capacità dei produttori nell'affrontare la futura condizione climatica, anche in
termini di sostenibilità. L'84,4% dei consumatori italiani, infatti, ritiene che
il vino nazionale è associato alla sostenibilità. Lo sostiene l'79,4% dei
giovani, l'85,3% degli adulti e l'86,5% dei consumatori oltre i 65 anni.
A quanto pare, l'interesse dei giovani per il vino non si limita esclusivamente
al calice. Secondo un'indagine svolta da Coldiretti, la conduzione di un vigneto,
quindi la produzione di vino, è fra le attività maggiormente ambite dai giovani
imprenditori con età inferiore ai 35 anni. Secondo lo studio di Coldiretti
– infatti – in Italia si contano oltre 5500 imprese vinicole gestite da giovani
con meno di 35 anni. La nuova generazione di vitivinicoltori, inoltre, sembra
essere particolarmente attenta e interessata alla sostenibilità ambientale,
veicolando e promuovendo il loro lavoro soprattutto attraverso i cosiddetti
canali delle reti sociali. Secondo l'indagine, i giovani produttori di
vino sono particolarmente attenti all'innovazione e oltre il 70% di questi
associa attività multifunzionali alla produzione di vino come enoturismo e
vinoterapia. Il fenomeno interessa maggiormente la Puglia, regione nella quale si
registrano oltre un sesto del totale di aziende condotte da giovani, seguita da
Veneto e Sicilia. Infine, secondo l'indagine di Coldiretti, la superficie dei
vigneti delle aziende condotte da giovani è superiore del 54% della media, oltre
a produrre un fatturato maggiore rispetto al 75% delle aziende vinicole,
impiegando il 50% in più di personale rispetto alla media. Questi dati dipingono
un futuro del vino
più florido di quanto non fosse qualche tempo fa, con nuove generazioni che
mostrano ancora interesse per questo settore oltre alla consapevolezza di consumi
moderati e pratiche sostenibili per il clima.
Antonello Biancalana
|