Il Falerno, prestigioso vino famosissimo durante l'epoca dell'antica
Roma, da sempre ha suscitato l'interesse di studiosi della storia enologica,
decantato e apprezzato in antichità, per molto tempo sembrava fosse
praticamente scomparso dallo scenario vinicolo, rimanendo legato alla sua
prestigiosa fama, quasi una leggenda, dei fasti che ne viddero il pieno
splendore. Il Falerno affonda le sue radici nell'antichità classica. Fu un vino
molto apprezzato in quei tempi e Plinio il Vecchio riteneva che avesse qualità
terapeutiche, Orazio lo considerava il suo vino preferito, così come lo era per
Virgilio che nel secondo libro delle Georgiche scrisse «Nec cellis
ideo contende Falernis» (Perciò nessun vino può essere paragonato con il
Falerno). Molti altri personaggi illustri dell'epoca Romana decantarono le
qualità e la nobiltà del vino Falerno, la cui massima diffusione si ebbe con
Giulio Cesare. In epoca più recente fu apprezzato dagli Zar di Russia e fu
preferito da molti cortigiani del re Gustavo di Svezia tanto da divenire il
vino ufficiale di Palazzo.
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| Una veduta dai vigneti di Villa Matilde |
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Dopo un florido periodo di splendore e fama, che continuò fino al tutto il
1800, la produzione di Falerno si arrestò bruscamente per oltre mezzo secolo a
causa delle violente devastazioni di Fillossera che distrussero il 95% dei
vigneti. Ai catastrofici effetti della fillossera sopravvissero solamente poche
viti che costituirono in futuro il materiale base sul quale il Falerno sarebbe
risorto grazie alla passione di un avvocato napoletano, Francesco Paolo
Avallone, padre di Salvatore e Maria Ida, attuali proprietari di Villa Matilde,
che in gioventù era stato assistente di Diritto Romano presso l'Ateneo
Napoletano e nei suoi studi effettuati sui testi dei grandi autori classici,
spesso trovava citazioni di elogio per questo grande vino. Affascinato dalle
testimonianze scritte nelle grandi opere classiche sul vino Falerno, circa 45
anni fa l'avvocato Francesco Paolo Avallone decise che avrebbe tentato di fare
rivivere questo leggendario vino. L'avvocato Avallone iniziò i propri studi e,
in collaborazione con alcuni ricercatori dell'Università di Agraria di Napoli,
avviò un progetto il cui fine era quello di individuare le caratteristiche
ampelografiche delle uve utilizzate in epoca Romana per la produzione del
Falerno, deducendole dai testi di Plinio, Catone, Columella e di tutti quei
scrittori che direttamente e indirettamente avevano lasciato testimonianze
utili alla definizione delle varietà di uva utilizzate.
A seguito di queste ricerche preliminari si iniziarono a svolgere indagini
sugli antichi territori del Falerno, in particolare la zona del Massico, in
modo da verificare se esistevano ancora delle uve che avessero i requisiti
stabiliti dalle ricerche. Al termine di queste ricerche si individuarono con
certezza i vitigni che dovevano essere utilizzati e si individuarono
esattamente 20 piante che possedevano i requisiti tanto cercati: 10 erano di
Aglianico, cioè l'antico Hellenico, un vitigno introdotto nelle colonie
della Magna Grecia dalle popolazioni Micenee che si insediarono nell'Italia
meridionale, 5 di Piedirosso, così chiamato per il caratteristico colore del
raspo; due varietà d'uva che opportunamente vinificate e maturate avrebbero
dato vita al Falerno rosso, e 5 di Falanghina, da cui si produceva il Falerno
bianco, il famoso Vinum Album Phalanginum citato nei testi della celebre
Scuola Medica Salernitana. Sembra che il nome Falerno derivi dalla deformazione
del termine Phalanginum in Phalernium; pertanto è probabile che
l'originale vino Falerno sia stato quello bianco.
Utilizzando queste poche piante rimaste in vita come materiale su cui
ricostruire la fama del Falerno, fu condotto un paziente lavoro di riproduzione
svolto da esperti vivaisti che consentì di salvare e moltiplicare quelle poche
e preziose piante rimaste in vita e che si erano salvate dalle devastazioni
della fillossera. Vennero accuratamente selezionate le piante madri, dalle
quali fu prelevato il materiale necessario per potere procedere agli innesti su
barbatelle immuni al temibile parassita e così, poco alla volta, si
ricostruirono i vigneti in quelle colline dell'Ager Falernus che per
secoli avevano prodotto uva non abbondante ma della migliore qualità. Le piante
originali sono ancora presenti nell'Azienda Villa Matilde e ogni volta si rende
necessario il reimpianto di nuove barbatelle, le viti da utilizzare per la
propagazione vengono prelevate proprio da quella vecchia vigna. Così, dopo
oltre un secolo di assenza, le prime bottiglie di Falerno tornarono sulle
tavole degli appassionati.
La produzione attuale di Villa Matilde, oltre a comprendere i vini Falerno
del Massico, offre anche altri vini, sia bianchi, sia rossi, prodotti con uve
locali. Il Falerno del Massico è prodotto sia bianco, sia rosso, utilizzando
l'antico uvaggio, fedele alla tradizione storica di questi vini. Il bianco è
prodotto esclusivamente con Falanghina, mentre il rosso, di cui si produce
nelle migliori annate anche una riserva, è prodotto con uve Aglianico e
Piedirosso. Con le stesse uve si producono inoltre tre vini monovarietali
in purezza.
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Un vigneto di Villa Matilde | |
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Nella produzione dei vini bianchi, troviamo il Tenuta Pietre Bianche, un
vino giovane e fresco prodotto in prevalenza da Falanghina e Coda di Volpe. Il
Falerno del Massico Vigna Caracci è un vino bianco prodotto con uva
Falanghina proveniente da un piccolo vigneto di circa 3 ettari e situato nelle
colline adiacenti il vulcano di Roccamonfina. L'uva viene raccolta a
maturazione inoltrata in modo da esaltarne le caratteristiche aromatiche e il
vino matura in barrique per circa 5 mesi. Altro vino bianco prodotto da Villa
Matilde è Campostellato, una particolare riserva di Falanghina prodotto con
uve selezionate dalle quali si ottiene un mosto particolarmente ricco di corpo,
aromi e acidità che si trasformerà in un vino di grande struttura.
Nella produzione dei vini rossi troviamo il Terre Cerase, ottenuto da uve
Aglianico, e Poggio alle More, prodotto con uve Aglianico, Coda di Volpe
Rosso e altre uve locali. Frutto di anni di selezione è il Vigna Camarato,
un vino prodotto con uve Aglianico provenienti dal vigneto omonimo, uno dei più
vecchi e meglio esposti delle tenute collinari, ubicato alle pendici del
vulcano di Roccamonfina. Il vino viene fatto maturare in botte e affinato in
bottiglia per 18 mesi. Altro vino rosso interessante è il Cecubo, prodotto
con uve Piedirosso, Abbuoto e Primitivo, maturato in botte. Con uve appassite
di Falanghina, lasciate sulla pianta fino a Novembre inoltrato, si produce
Eleusi, un'eccellente vendemmia tardiva. Dopo la raccolta le uve
vengono fatte appassire su graticci al sole e il mosto che se ne ottiene viene
successivamente fermentato e affinato in barrique per tre mesi a cui segue un
lungo affinamento in bottiglia. La produzione di Villa Matilde si completa con
due grappe, entrambe prodotte con uva Falanghina, e l'olio d'oliva prodotto con
le olive provenienti dagli oliveti di proprietà dell'azienda.
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