La qualità di un vino, come già detto altre volte, è prevalentemente misurata
dalla quantità ed entità dei suoi difetti. Un minore numero di difetti aumenta
le possibilità di raggiungere un livello qualitativo maggiore, grazie al loro
minore impatto sulle qualità positive. Questo non significa che i difetti siano
più importanti dei pregi, ma di certo svolgono un ruolo fondamentale per la
determinazione della qualità. Un vino privo di difetti e senza pregi non può
chiaramente essere definito di qualità. Magari, un buon vino, ma non
propriamente eccelso. In fin dei conti, un vino ordinario - vale a dire senza
evidenti pregi - resta tale anche quando non si rileva la presenza di difetti.
La mancanza dei difetti è presupposto indispensabile per la definizione della
qualità, condizione che deve essere necessariamente seguita da una concreta
presenza e natura di pregi.
Cos'è un pregio dal punto di vista sensoriale? La domanda, apparentemente
banale, non ha una risposta semplice poiché i fattori che lo determinano sono
innumerevoli. In termini fin troppo semplicistici, si potrebbe definire
pregio tutto ciò che si ritiene buono e che produce uno stimolo
positivo attraverso i nostri sensi. In realtà, un pregio è una qualità
decisamente più complessa da definire. La definizione di buono e cattivo è
strettamente legata a fattori del tutto soggettivi: ciò che piace ad alcuni
non necessariamente trova il medesimo apprezzamento in altri. I pregi
sono definibili anche in modo oggettivo e in accordo alle preferenze di un
determinato gruppo di individui e che esprimono una comune preferenza. In
questo senso, la definizione del pregio si basa su fattori di tipo statistico
e determinati in base a un gruppo di individui che hanno caratteristiche
sociali e culturali simili. Infine, un pregio può anche essere stabilito
secondo dei criteri tecnologici e universalmente accettati come tali in
accordo all'ambito d'uso.
La definizione di un pregio riferito al vino non è parimenti semplice da
definire e non solo per i motivi espressi fino a qui. Al di la delle
considerazioni puramente personali e soggettive - condizioni che esulano da
qualunque definizione di tipo oggettivo o tecnico - si possono comunque
stabilire dei criteri di qualità e di pregio tali da incontrare il favore
della maggioranza o comunque di un gruppo piuttosto numeroso. Cosa si intende
quindi per vino buono, o comunque, per vino di qualità? La risposta più
semplice e che, in definitiva, soddisfa maggiormente la domanda è un
vino senza difetti o con la minore quantità possibile di difetti. I difetti,
considerati come elementi negativi e spiacevoli per i sensi, si contrappongono
infatti ai pregi, cioè qualità positive e piacevoli. Sarà infatti
l'equilibrio e l'interazione fra queste due classi di elementi a determinare
la qualità di un vino.
Dal punto di vista tecnico, un pregio consiste in una qualità che risponde a
dei precisi criteri stabiliti in accordo a considerazioni di tipo scientifico,
chimico e tecnologico, sempre verificabili in modo analitico. In questo senso,
un pregio tecnologico non trova riscontro nelle pratiche empiriche o
semplicemente romantiche e sentimentali, sebbene siano
riconoscibili anche senza l'ausilio di specifiche analisi di laboratorio. A
titolo di esempio, un vino che risponde a criteri di qualità tecnologica dovrà
avere un aspetto assolutamente limpido e privo di qualunque velatura o
particella solida in sospensione. Questo criterio di qualità potrebbe
risultare di minore importanza in certi contesti e per certi degustatori o
appassionati di vino, i quali ritengono un vino con evidente velatura di
qualità accettabile. Non solo, quella velatura potrebbe indicare, in questi
casi, la prova di una minore sofisticazione e quindi di maggiore genuinità,
elementi che - certamente - sono equiparabili a pregi.
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Una giovane vigna: da qui inizia il percorso
della qualità del vino | |
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Dal punto di vista soggettivo, la definizione della qualità diviene
piuttosto complessa, se non impossibile. La predilezione per determinati stili
e tipi, così come la preferenza per specifiche pratiche viticolturali ed
enologiche, definiscono criteri qualitativi che, spesso, producono anche
pregiudizi di valutazione. Si tratta, evidentemente, di semplice e
rispettabile valutazione espressa secondo i propri criteri di gusto, moralità
e cultura, tali da riconoscere il valore della qualità a ogni vino capace di
rispondere a questi valori. A volte interviene anche un criterio puramente
ottuso e integralista nel riconoscere la più alta qualità, ad
esempio, a vini provenienti da determinate aree senza nemmeno assaggiarli e
senza confrontarli con altri. Per esempio, gli appassionati di Champagne
- o qualunque altro vino, regione o zona - sono naturalmente portati
alla sua esaltazione definendo tutto il resto come palesemente inferiore anche
senza un effettivo confronto.
A prescindere dall'oggettiva o soggettiva definizione della qualità, questa,
innegabilmente, si determina prevalentemente in vigna. La qualità, e quindi i
pregi di un vino, nascono essenzialmente in vigna. Non si tratta - va detto -
delle varietà coltivate, piuttosto della pratica viticolturale, la quale,
prima di tutto, deve assicurare la produzione di uva di qualità. Se è vero che
le procedure di vinificazione possono modificare, anche in modo radicale, il
carattere e la qualità del prodotto finale, disporre di uva di qualità
rappresenta, in ogni caso, un notevole vantaggio. Da una materia prima di alta
qualità si può ottenere facilmente un grande vino, risultato che non si
può evidentemente produrre con una materia prima di modesta qualità. Durante
le fasi di vinificazione, un vino può essere - per certi aspetti - corretto e
costruito, tuttavia da una materia prima di bassa qualità non sarà
possibile ottenere un vino di qualità.
A titolo di completezza, va detto che la varietà utilizzata per la produzione
di un vino non è significativa ai fini della definizione di pregio. La varietà
dell'uva contribuisce - senza dubbio - alla predisposizione soggettiva verso
un determinato vino, e pertanto al riconoscimento della qualità, ma questo non
può essere considerato un pregio. Si tratta di semplice preferenza ed è
piuttosto discutibile affermare che una determinata varietà sia migliore di
un'altra, al limite, si può parlare di migliore utilizzabilità delle singole
varietà in accordo allo stile enologico o al territorio. La storia e i fatti
suggeriscono che non esiste la migliore uva se non in funzione di un
determinato stile di vino o zona. Inoltre, la migliore consapevolezza della
qualità viticolturale ed enologica ha consentito la rivalutazione di varietà,
spesso considerate minori, ma che utilizzate secondo criteri di qualità hanno
saputo regalare vini di indiscutibile pregio.
Sia la vigna sia la cantina possono essere considerati due luoghi dove nasce
la qualità, ma anche dove si distrugge. Anche il luogo nel quale si conservano
le bottiglie di vino - sia nei locali del produttore sia in quelli del
consumatore finale - contribuiscono in modo significativo alla
conservazione della qualità e alla potenzialità di evoluzione. Una cattiva
conservazione può infatti compromettere i pregi di un vino distruggendo, anche
in tempi piuttosto rapidi, il prezioso lavoro svolto in vigna dalla Natura e
dall'uomo in cantina. Il processo di conservazione è un aspetto
estremamente critico per l'apprezzamento della qualità di un vino, che inizia
nella cantina del produttore e termina al momento del consumo. A questo
proposito, è importante anche il lavoro di stabilizzazione del vino durante la
produzione, tale da assicurare una maggiore possibilità di conservazione ed
evoluzione nel tempo diminuendo, nel contempo, i rischi di degradazione
biologica.
Un vino ricco di pregi, è indiscutibile, predispone positivamente all'assaggio
e alla valutazione. Questo atteggiamento si costruisce nelle primissime
fasi della valutazione - quella visiva - per aumentare in quelle successive,
qualora la percezione dei pregi non si interrompa a causa della presenza di
difetti. Il primo incontro con il vino si svolge generalmente con il suo
aspetto. Un vino che si presenta, per esempio, velato fornisce un'indicazione
negativa sui pregi enologici, anche se - va detto - per alcuni questa
caratteristica costituisce un criterio di genuinità. Lo stesso si può
affermare per il colore, indice di lavorazione eccessiva oppure di difetti,
come per esempio l'ossidazione. A onore del vero, sia l'eventuale velatura
sia i difetti riconducibili alla tonalità del colore non congrue,
possono essere facilmente corrette in cantina. L'aspetto può pregiudicare
l'accettabilità di un vino, pertanto i produttori tendono a correggere questo
aspetto proprio per rendere il vino presentabile.
Ciò che determina in larga parte la natura dei pregi in un vino sono
certamente i suoi profumi. Gli odori, com'è noto, hanno un forte potere
evocativo, sia in senso positivo sia in quello negativo. La qualità degli
odori è capace di coinvolgere il degustatore più di qualunque altra
caratteristica del vino, determinandone - in larga parte - la sua
accettabilità. Per questo motivo, l'analisi olfattiva rappresenta l'esame più
importante della valutazione di un vino. Odori piacevoli che si percepiscono
dal calice predispongono infatti il degustatore alla fase successiva -
l'assaggio - poiché il legame fra le due fasi è fondamentale. Al contrario,
odori sgradevoli annunciano, al degustatore capace di riconoscerli, non solo
difetti di produzione ma anche una probabile connessione negativa nel gusto.
Non si tratta di pregiudizio: il gusto è infatti costituito dai sapori
fondamentali ai quali si aggiungono le complessità dei profumi.
Il gusto del vino, benché sia in parte condizionato da quello che si
percepisce al naso - un alimento o bevanda con profumi piacevoli invita
maggiormente all'assaggio - deve parimenti esprimere qualità positive. Fra i
principali pregi dell'esame gustativo, tre in particolare si associano alla
qualità: la corrispondenza gusto-olfattiva, l'equilibrio e la persistenza. La
corrispondenza gusto-olfattiva esprime il grado di coerenza fra l'esame
olfattivo e quello gustativo, cioè la riconoscibilità al gusto delle
sensazioni odorose associabili ad alimenti, in particolare frutta.
L'equilibrio è un altro pregio di estrema importanza e definisce il rapporto
esistente fra le diverse sensazioni gustative e tattili. Un vino è equilibrato
quando l'intensità delle componenti gustative risultano armoniche fra loro
così che nessuna di queste sia percettibile in modo dominante rispetto alle
altre.
La persistenza gusto-olfattiva è un pregio irrinunciabile per qualunque vino
di qualità e misura il tempo durante il quale si continua a percepire
chiaramente il gusto del vino dopo la deglutizione. Una buona persistenza si
esprime in un tempo di oltre dieci secondi; tempi inferiori definiscono
progressivamente vini di qualità scadente. Un vino corto - cioè con
persistenza breve - rappresenta sicuramente una delle maggiori delusioni della
degustazione sensoriale. Quando la percezione del sapore di un vino scompare
dalla bocca entro pochi secondi, questo è generalmente associato a pratiche
viticolturali di bassa qualità, in particolare rese in vigna piuttosto
elevate e pertanto uve di minore pregio. Nella fase di assaggio,
corrispondenza gusto-olfattiva, equilibrio e persistenza rappresentano gli
elementi fondamentali e irrinunciabili per ogni vino di qualità.
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