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  Cavatappi Numero 48, Gennaio 2007   
Fare il Vino: i LievitiFare il Vino: i Lieviti  Sommario 
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Fare il Vino: i Lieviti

Microrganismi essenziali per lo svolgimento della fermentazione, i lieviti sono responsabili della trasformazione del mosto in vino, un processo complesso e per anni misterioso

 Non esistono informazioni attendibili su quando e come sia stata scoperta la fermentazione, un processo che per secoli è stato circondato dal mistero, limitandosi semplicemente a osservare l'evento e a beneficiare dei suoi effetti. Si ritiene che la fermentazione sia stata scoperta casualmente in tempi piuttosto remoti, probabilmente osservando il curioso fenomeno della “bollitura” che si sarebbe sviluppato in una zuppa a base di cereali, e successivamente in altri liquidi che mostravano lo stesso comportamento, fra questi il mosto dell'uva. Per secoli considerata come un “dono divino”, la fermentazione e i fattori responsabili di questo complesso fenomeno chimico, sono rimasti uno dei tanti misteri irrisolti, ma che sui quali, in modo più o meno empirico, si poteva fare affidamento. Una delle prime supposizioni relative al fenomeno della fermentazione, è stato quello di credere che si trattasse di una “specie” di decomposizione delle sostanze organiche presenti nel mosto. Solo la tecnica e i progressi ottenuti in campo chimico, biologico e tecnologico consentiranno, molto più tardi, di comprendere il fenomeno della fermentazione e i fattori che la regolano.


Cellule di Saccharomyces
Cerevisiae viste al microscopio
Cellule di Saccharomyces Cerevisiae viste al microscopio

 Il primo passo verso la comprensione del fenomeno della fermentazione fu per opera del celebre chimico francese Antoine Lavoisier che, nel 1700, riuscì a dimostrare che lo zucchero presente nel mosto dell'uva era trasformato in alcol e anidride carbonica. Nel 1800, il chimico francese Joseph Louis Gay-Lussac formulò il rapporto matematico che regolava la trasformazione degli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Bisognerà attendere gli studi del grande Louis Pasteur per comprendere esattamente cosa fosse la fermentazione e come questa avveniva. Fu infatti Louis Pasteur a dimostrare, nel 1854 e in seguito ai suoi numerosi studi, che la fermentazione era prodotta dall'attività dei lieviti quando questi si sviluppano in assenza di ossigeno. Scoprì inoltre che la produzione di sostanze indesiderate nella vinificazione - come l'acido lattico e l'acido acetico - era dovuta alla presenza di microrganismi di varia natura. Il contributo di Louis Pasteur per l'enologia e la comprensione del fenomeno della fermentazione è stato fondamentale e il suo lavoro ha consentito lo sviluppo tecnologico dell'enologia così come la conosciamo oggi. Louis Pasteur definì la fermentazione come “un fenomeno connesso con la vita”, poiché comprese per primo che i lieviti erano appunto organismi viventi. Per quanto concerne il vino, Louis Pasteur lo definì come «la più sana e la più igienica delle bevande».

 

I Lieviti

 I lieviti sono microrganismi costituiti da un'unica cellula, classificati come funghi. Le ricerche condotte su questi organismi hanno consentito l'individuazione e la catalogazione di oltre mille specie diverse, ognuna con le proprie caratteristiche, pur tuttavia accomunati dagli stessi principi biologici. I lieviti si classificano in due categorie: lieviti aerobici e lieviti anaerobici. Queste due categorie contraddistinguono il metodo utilizzato dal lievito per il proprio mantenimento in vita. La prima categoria utilizza la respirazione aerobica - cioè necessitano di aria e ossigeno per il mantenimento della vita - mentre la seconda categoria, in assenza di ossigeno, possono adottare un processo di respirazione anaerobica, comunemente conosciuto come fermentazione. I lieviti anaerobici producono infatti energia dalla conversione dello zucchero in anidride carbonica e alcol etilico, sono pertanto questo tipo di lieviti che trovano impiego essenziale nella produzione di bevande alcoliche, come il vino.


 

 Questo processo è tuttavia “pericoloso” per i lieviti, poiché con l'aumento della produzione di alcol, l'ambiente in cui si trovano assume concentrazioni tali da provocare la morte del lievito stesso. Ogni tipo di lievito presenta una propria sensibilità e resistenza alle concentrazioni di alcol: una caratteristica che consente di scegliere per la produzione di vino tipi di lieviti adatti al volume alcolico che si dovrà ottenere. Fra i tanti tipi di lieviti anaerobici, e quindi adatti alla produzione di alcol etilico, in enologia sono prevalentemente utilizzati due specie: il Saccharomyces Cerevisiae e il Saccharomyces Bayanus. Di tutte le specie di lieviti, il Saccharomyces Cerevisiae è certamente il più studiato a causa dei suoi innumerevoli utilizzi per la produzione di bevande e alimenti. Questo tipo di lievito è comunemente noto come lievito di birra o lievito del fornaio, poiché è ampiamente utilizzato per la fermentazione della birra e la lievitazione dei prodotti da forno, incluso il pane.

 Un altro elemento di classificazione dei lieviti è rappresentato dalla forma, un fattore che è determinabile mediante l'osservazione di questi microrganismi attraverso il microscopio. Nonostante nella fermentazione del mosto in vino siano responsabili diversi tipi di lieviti, quelli di maggiore interesse enologico sono classificati come apiculati ed ellittici. Sia il Saccharomyces Cerevisiae sia il Saccharomyces Bayanus appartengono alla famiglia degli “ellittici”, mentre fra i principali lieviti “apiculati” della fermentazione del vino troviamo il Kloechera Apiculata, responsabile, fra l'altro, dell'attivazione della fermentazione alcolica che sarà successivamente completata dal Saccharomyces Cerevisiae. Di questi lieviti, il Kloechera Apiculata è quello che possiede la minore resistenza all'effetto dell'alcol: con appena 3-4% di concentrazione di alcol etilico, questi lieviti cessano la loro attività. Alcune specie di Saccharomyces Cerevisiae posso resistere anche fino a concentrazioni di 16-17% di alcol etilico, mentre le specie di Saccharomyces Bayanus possono resistere anche a concentrazioni maggiori.

 Non tutti i lieviti hanno la stessa resa di produzione di alcol etilico: ci sono lieviti che necessitano, per esempio, maggiori quantità di zucchero per produrre la stessa quantità di alcol. La specie Kloechera Apiculata ha bisogno di una concentrazione di 21-22 grammi per litro di zucchero per produrre l'1% di alcol etilico, il Saccharomyces Bayanus richiede 20 grammi per litro per produrre la stessa quantità, mentre per il Saccharomyces Cerevisiae sono sufficienti 17-18 grammi per litro. La quantità di alcol prodotta dalla fermentazione del mosto varierà quindi in funzione delle specie di lieviti: per questo motivo risulta importante operare un'opportuna selezione prima di avviare la fermentazione. Fra i tanti fattori che regolano la fermentazione e l'attività dei lieviti, si ricorda l'anidride solforosa, i cui effetti influiscono notevolmente sulla loro vitalità e funzione. L'uso dell'anidride solforosa è quindi utile anche per operare un'opportuna selezione dei lieviti, rendendo inattivi i lieviti meno efficaci e poco utili - come i Kloechera Apiculata - consentendo al Saccharomyces Cerevisiae, più resistente all'anidride solforosa e più efficace nella fermentazione, di prevalere e di svolgere una migliore fermentazione alcolica.

 

Lieviti Autoctoni e Lieviti Selezionati

 I lieviti si trovano naturalmente nell'aria e nella superficie delle piante, trasportati dal vento, anche da luoghi lontani, e dagli insetti. In un vigneto si viene così a creare un “ecosistema” nel quale saranno naturalmente presenti diverse specie di lieviti, alcuni utili e positivi ai fini della fermentazione alcolica, altri meno importanti e marginali, addirittura dannosi per la loro attività e per la produzione di sostanze indesiderate. I lieviti si depositano inoltre sulla superficie delle bucce dell'uva e quindi entreranno in contatto con il succo dopo che l'uva è stata pigiata, provocando una “spontanea” fermentazione senza ricorrere all'ausilio di altri sistemi. Questi lieviti sono generalmente definiti come “autoctoni”, “indigeni” o “selvaggi”, e sulla loro utilità ed efficacia si è lungamente discusso già a partire dagli anni 1930-1940. Poiché i lieviti influiscono enormemente sull'andamento della fermentazione, sugli aromi del vino e sulla stabilità, si può dire che prima della scoperta e le osservazioni di Louis Pasteur, la qualità e la buona riuscita di un vino erano determinate non solo dalle condizioni ambientali locali e dalla qualità dell'uva, ma anche dalla popolazione di lieviti che si trovavano in modo “naturale” in quell'area.

 Poiché l'esito di una buona fermentazione è determinato dalle specie di lieviti presenti nel mosto, con lo scopo di migliorare la qualità dei vini, dopo avere compreso i fenomeni che la regolano, si è sentita la necessità di migliorare - per meglio dire, selezionare - la presenza di alcune specie in favore di altre. Si sono quindi avviate ricerche in laboratorio con lo scopo di studiare l'attività di determinati lieviti, portando alla creazione di colture selezionate che ben presto hanno incontrato il favore dei produttori di vino, sia per il migliore controllo sulla fermentazione che queste assicuravano, sia per le migliori qualità di finezza che si potevano ottenere nei vini. L'uso di lieviti selezionati ha causato più avanti un'accesa discussione sulla pratica di fermentare il mosto, poiché molti sostenevano che in questo modo fosse possibile stabilire a priori le caratteristiche organolettiche del vino, alterando enormemente le qualità tipiche del territorio. Dopo molti anni di discussioni, studi ed esperienze dirette, oggi si ritiene che l'uso dei lieviti selezionati è indispensabile per la produzione di vini di qualità.

 Nonostante la fermentazione svolta con i lieviti “autoctoni”, cioè quelli naturalmente presenti nel vigneto, possa essere considerata “tradizionale” e perfino “romantica”, è bene ricordare che i lieviti sono trasportati da un luogo all'altro dal vento e dagli insetti, pertanto le specie sono in continuo cambiamento, correndo il rischio della presenza di specie poco utili e produttive alla fermentazione che, inoltre, producono quantità eccessive di sostanze indesiderate, come l'acido acetico e altri elementi tali da compromettere la stabilità del vino. Anche per questi motivi, oggi si ritiene indispensabile operare un'opportuna selezione di lieviti prima di avviare la fermentazione, sia aggiungendo specie dal comportamento noto e affidabile, sia eliminando o inibendo l'attività delle specie ritenute poco vantaggiose. In altre parole, l'impiego di lieviti selezionati, consente di ottenere vini di maggiore qualità, finezza ed eleganza e con una migliore stabilità. Dopo lunghi studi, oggi si utilizzano prevalentemente il Saccharomyces Cerevisiae per la fermentazione di mosti normali e il Saccharomyces Bayanus per la fermentazioni di mosti con elevato contenuto di zuccheri o per la produzione di spumanti metodo classico.

 

Effetti e Uso dei Lieviti in Enologia

 L'attività e l'efficacia dei lieviti è condizionata da molti fattori e il prodotto di questo processo non è rappresentato solamente dall'alcol etilico. L'attività dei lieviti influisce inoltre sulle qualità organolettiche del vino - negli aromi e nel gusto - migliorando la finezza e la velocità di chiarificazione. La fermentazione produce anche sostanze che non sono ritenute utili alla stabilità e alla qualità del vino, come per esempio l'acidità volatile, prodotta in quantità variabili in accordo alla specie. I lieviti Kloechera Apiculata producono forti quantità di acidità volatile, e anche alcuni ceppi di Saccharomyces Cerevisiae sono noti per una produzione di acidità volatile piuttosto notevole. Questo effetto ribadisce ulteriormente l'importanza di utilizzare lieviti selezionati, i quali effetti e azioni sono ben studiati e conosciuti. Inoltre, la varietà di lieviti selezionati aggiunti al mosto dovranno garantire un buon fattore di sopraffazione sulle colture autoctone presenti nel mosto, così da consentire una migliore fermentazione. Quest'ultima qualità - è bene ricordarlo - è condizionata anche dall'uso di anidride solforosa che, grazie ai suoi effetti, inibisce l'attività dei lieviti indesiderati favorendo quindi i Saccharomyces Cerevisiae che sono invece più resistenti.

 L'eccessiva presenza di Botrytis Cinerea nelle uve influisce sull'attività dei lieviti - spesso allungando i tempi dell'inizio della fermentazione - a causa della notevole presenza di particolari batteri e microrganismi, che, inoltre, causano difetti e alterazioni al vino. Concentrazioni eccessive di zucchero, nonostante questo sia indispensabile ai lieviti anaerobici per la propria attività biologica, può rendere difficoltosa la fermentazione, talvolta impedendone l'avviamento o prolungando notevolmente i tempi per il suo completamento. Fra i fattori che alterano l'attività dei lieviti, si ricorda infine la temperatura. I valori minimi e massimi tollerabili dai lieviti dipendono principalmente dalla specie, tuttavia a temperature più basse l'attività sarà notevolmente rallentata o bloccata, mentre a temperature più alte l'attività sarà più rapida. Temperature elevate producono risultati organolettici più grossolani e ordinari, mentre temperature eccessivamente elevate provocano la morte dei lieviti. I vantaggi e la diffusione dei lieviti selezionati, hanno consentito la disponibilità di diverse specie, ognuna di queste con caratteristiche proprie in funzione del tipo di vino da produrre e della sua qualità. Attualmente si preferisce utilizzare i cosiddetti lieviti secchi attivi - “LSA” in breve - prodotti in laboratori specializzati e venduti liofilizzati sotto forma di minuscoli “bastoncelli”.

 I lieviti secchi attivi sono inoltre preferiti ad altre forme soprattutto per la semplicità e la praticità d'uso. Prima di potere essere aggiunti al mosto, i lieviti secchi attivi necessitano di un'opportuna e delicata operazione di riattivazione. Le dosi tipiche da aggiungere al mosto, sempre e comunque prima dell'avvio della fermentazione, sono generalmente comprese fra 10 e 20 grammi per ettolitro. La dose di lieviti viene sciolta in acqua tiepida alla temperatura di 40° C - ed è essenziale assicurarsi sulla giusta temperatura - per un volume pari a dieci volte il peso dei lieviti. Per facilitare il processo di riattivazione, si possono aggiungere circa 50 grammi di zucchero per litro d'acqua, oppure - in alternativa - prodotti specifici contenenti principi nutritivi per i lieviti, come la tiamina (vitamina B1) e il solfato di ammonio, entrambi reperibili in negozi specializzati in enologia. Si provvede quindi a mescolare bene e attendere circa 30 minuti, provvedendo a rimescolare il composto ogni 10 minuti. I lieviti si aggiungono quindi al mosto, provvedendo a mescolare in modo omogeneo la massa e facendo attenzione che la differenza di temperatura non ecceda di 8° C, condizione che - a causa di uno shock termico - provocherebbe la morte di gran parte dei lieviti.

 




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