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I Numeri del Vino


 Negli ultimi mesi il mondo del vino sembra essere piuttosto movimentato e le notizie che riguardano il suo “stato di salute” si susseguono con una frequenza, forse, mai vista prima. Che il vino non stia vivendo il suo momento migliore, è oramai cosa nota e ben risaputa. Le preferenze dei consumatori stanno cambiando, non solo per motivi culturali a favore di nuove abitudini più o meno salutistiche, ma anche per la crescente concorrenza da parte di “nuove bevande”, cavalcando il successo della moda del momento. Molte di queste bevande, evidentemente, contengono alcol, pertanto la supposta tendenza salutistica di questi tempi non sembrerebbe trovare un riscontro del tutto convincente. Va anche detto, a questo proposito, che essendo il vino fra le bevande alcoliche più diffuse e consumate al mondo, quando c'è da puntare il dito contro il consumo di alcol, è inevitabile che sia proprio lui il primo a finire sul banco degli imputati e diventare quindi il capro espiatorio. Con buona pace di tutte le altre bevande alcoliche, comprese quelle con volumi alcolici ben maggiori di quello del vino.


 

 I consumi del vino diminuiscono, anzi no, aumentano. L'interesse dei giovani nei confronti del vino è diminuito, anzi no: vanno pazzi per la bevanda di Bacco. L'esportazione del vino italiano è in crisi, invece no. I numeri mi appassionano molto ma, a differenza di quanto accade in matematica, quelli che si leggono negli ultimi mesi e relativi alle vicende del vino, sembrano avere dei comportamenti decisamente bizzarri. Ovviamente, la statistica – che fa ampiamente uso della matematica – si basa su principi propri e i suoi numeri possono essere sia inconfutabili sia discutibili, in accordo alla base e all'affidabilità significativa del campione preso in esame. A volte, infatti, si leggono notizie che mettono in evidenza semplice percentuali, senza nemmeno citare né il campione preso in esame né la modalità di campionamento. Facili trucchi giornalistici, verrebbe da dire, raccontando semplicemente l'evidenza di un fatto tralasciando completamente il suo svolgimento e come si è verificato. Insomma, alla stregua di quanto produce il famigerato “effetto didascalia” messo sotto un'immagine che, ben si sa, vale più di mille parole, anche se spesso le parole cambiano l'immagine.

 Qualche settimana fa è stato presentato un nuovo studio relativamente ai consumi di vino in Italia, elaborato dall'Osservatorio UIV (Unione Italiana Vini) in base ai dati ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) degli ultimi 12 anni. Nello specifico, lo studio confronta la situazione del consumo di vino in Italia riferito al 2023 in rapporto ai cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi 12 anni. I dati presentati nello studio dipingono un quadro nel quale si evince che, in Italia, si stanno verificando dei cambiamenti in merito alle modalità e abitudini di consumo, con una percentuale di consumatori sostanzialmente invariata. Nello specifico, nel 2023 il vino è stato consumato da 29,4 milioni di italiani, con la quota femminile in aumento. Le abitudini e la frequenza di consumo sono i fattori che evidenziano il cambiamento più sostanziale: si tende a favorire un consumo saltuario e con maggiore consapevolezza, probabilmente determinato anche da considerazioni salutistiche e legali. I consumatori quotidiani di vino, infatti, scendono a 11,7 milioni, 400 mila in meno rispetto al 2022.

 Nel complesso, nel corso del 2023, in Italia si sono consumati 23 milioni di ettolitri di vino e – rispetto al 2011 – il numero dei consumatori è aumentato del 2%, pur tuttavia registrando dei significativi cambiamenti in merito alle abitudini. I consumatori italiani sono rappresentati per il 58% da maschi e il restante 42% da femmine; fra i nuovi consumatori, la percentuale è maggiore nella popolazione femminile rispetto a quella maschile. I nuovi consumatori di vino sembrerebbero tuttavia essere caratterizzati da una maggiore responsabilità e consapevolezza, interessati – non da meno – anche ad altre bevande alcoliche, pertanto non solo vino. Questa abitudine non riguarda solamente le nuove generazioni ed è piuttosto comune anche in quelle adulte che, fra l'altro, si allontanano sempre più dall'abitudine del consumo giornaliero, anche per accompagnare i pasti. La scelta di consumare vino sembra essere sempre più a favore delle occasioni informali e sociali, come per esempio in occasione del cosiddetto aperitivo, che oggi rappresenta la consuetudine per quasi 22 milioni di italiani, con un aumento del 31% rispetto al 2011.

 Interessanti, inoltre, i cambiamenti rispetto al genere: la domanda di consumo aumenta del 10% fra la popolazione femminile, mentre in quella maschile scende del 3%. Come già detto, anche il consumo quotidiano è in netto calo, segnando un arretramento del 22% mentre aumenta del 20% l'abitudine al consumo saltuario, per un totale di 17,7 milioni di consumatori pari al 60% del totale. Un cambiamento significativo se lo si confronta con quanto accadeva 12 anni fa, quando era solamente il 48% a consumare vino saltuariamente. Il consumo sporadico, comunque, è un fenomeno che non riguarda solamente il vino poiché anche fra i consumatori di birra è pari ai due terzi del totale. Il consumo quotidiano di vino, fino a qualche decennio fa importante consuetudine degli italiani in occasione dei pasti, è praticamente assente dalle abitudini dei consumatori fino a 24 anni, riguardando solamente il 4,4%, corrispondente a circa la metà dell'incidenza totale. Anche le fasce di età superiori registrano comunque dei cali sostanziali – compresi fra il -20% e il -50% – mentre il 40% dei consumatori oltre i 65 anni mantiene l'abitudine del consumo quotidiano.

 Lo studio di UIV si sofferma inoltre sulla distribuzione dei consumatori nel Paese, fotografando quindi la situazione delle regioni. La principale quota di consumatori d'Italia in base alla popolazione regionale, si trova in Emilia-Romagna con il 61,3%, seguita dalla Valle d'Aosta con il 60,5%. Segue poi la Toscana con il 60,4% quindi il Veneto con il 59,8%. Per quanto riguarda i maggiori cambiamenti relativi alle provincie italiane, Trento registra il maggiore aumento di consumatori in percentuale con l'11%, mentre – per quanto riguarda la maggiore contrazione di consumi su base regionale – la Basilicata registra una diminuzione del 9%. Considerando, invece, le primarie suddivisioni geografiche del Paese, è il Nord-Est a registrare la maggiore percentuale di consumatori in relazione alla popolazione con il 59,4%, seguito dal Centro, con il 57,4%, quindi il Nord-Ovest – con il 56,7% – a seguire il Meridione d'Italia con il 51,1%, infine le Isole con il 46,8%.

 Da questi dati emerge che è la popolazione oltre i 65 anni a rappresentare la primaria fascia di consumatori, mentre le nuove generazioni, con età inferiore ai 24 anni, costituiscono la quota minoritaria e, tutto sommato, piuttosto marginale. Emerge inoltre la complessità e varietà del rapporto degli italiani con le bevande alcoliche che, rispetto a 12 anni fa, non privilegia principalmente il vino. Nei consumi, infatti, il vino è costretto a condividere il calice anche con la birra e i superalcolici, oltre ad altre bevande dal vario contenuto alcolico. Questa caratteristica – è bene osservare – non riguarda solamente i consumatori giovani ma anche quelli adulti e oltre i 65 anni. A tale proposito, è interessante considerare il consumo della birra, preferita da 27,2 milioni di consumatori, il quale è aumentato, negli ultimi 12 anni, del 9,5%, registrando inoltre il significativo aumento del 19% fra i consumatori occasionali. In termini complessivi del consumo occasionale, è maggiore l'incidenza fra i consumatori di birra (66%) rispetto al vino (60%). Contrariamente a quello che si potrebbe immaginare, è la fascia oltre i 65 anni a registrare il principale aumento (+103% in 12 anni) mentre la fascia fra 18-24 diminuisce del 4%. In entrambi i casi, è comunque la fascia dei consumatori oltre i 65 anni a rappresentare la quota primaria dei consumi, mentre i giovani al di sotto del 24 anni rappresentano la quota minoritaria.

Antonello Biancalana



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