Da quando l'uomo ha inventato il vino, producendo una bevanda a lui
gradevole, grazie alla magia del succo d'uva che fermenta, l'associazione con il
cibo è stata certamente l'invenzione successiva e, per così dire, scontata
e prevedibile. Non è, ovviamente, l'unico caso – quello del vino – per il quale
gli esseri umani mostrano una geniale inventiva con lo scopo di soddisfare
il proprio piacere, non da meno, anche più di uno allo stesso tempo. Questo,
infatti, è accaduto per moltissime altre bevande create dall'ingegno e dall'estro
degli esseri umani, grazie – non meno importante, anzi, essenziale – ai
fenomeni naturali che con il tempo si sono compresi e quindi controllati a
proprio piacimento e favore. In questo senso, non c'è dubbio che il vino sia uno
dei più complessi e, forse, entusiasmanti risultati che gli esseri umani sono
stati capaci di ottenere nel corso della loro storia. Un legame che è diventato
praticamente intimo e identitario, fino alla somma consacrazione nel divenire
bevanda rituale dall'alto significato celebrativo.
Il contesto nel quale il vino ha certamente svolto un ruolo fondamentale, a
livello sociale e culturale, è certamente a tavola. Nei principali paesi
produttori di vino d'Europa – Italia, Francia e Spagna – ancora oggi, per la
maggioranza della popolazione, è praticamente impossibile immaginare un tavolo
imbandito con il cibo senza la presenza del vino. Sì, certo, negli ultimi tempi,
con le nuove generazioni che sembrano essere un po' meno interessate al vino
rispetto a quelle precedenti, questo legame sembra essere meno solido. Questa
tendenza, in accordo alle indagini più recenti, pare si stia verificando in tutti
questi tre paesi, Italia compresa. Se è vero che per le nuove generazioni,
immaginare un pasto senza la presenza del vino al tavolo stia diventando
frequente, di certo non lo è per le generazioni precedenti, compresa la mia.
Personalmente, immaginare un tavolo pronto per accogliere i commensali e
consumare quindi il pasto insieme, senza la presenza di una bottiglia di vino, è
qualcosa che, oltre a essere impensabile, mi trasmette, non da meno, un senso di
tristezza, come se mancasse qualcosa di importante.
Il rapporto del vino con il cibo, tuttavia, è decisamente complesso, non sempre
felice, soprattutto per il fatto che, il più delle volte, si tratta di una
questione puramente soggettiva. Per questo motivo, qualunque regola assoluta
diviene inutile e perfino sgradevole. Se, infatti, a qualcuno piace mangiare
– per esempio – dei finocchi bolliti senza sale e abbinati con un Barolo di
Serralunga d'Alba, si può disquisire od obiettare quanto si vuole, ma, come si
dice, se piace, piace. Lo stesso si può dire per tutti quegli abbinamenti
considerati tradizionali o storici, nonostante siano molto spesso
discutibili se analizzati scrupolosamente secondo i criteri, per così dire,
puramente tecnici e sensoriali. Si tratta di abitudini e culture consolidate che
tutti accettano e, non da meno, considerano assolutamente obbligatori e
imprescindibili. In questa categoria rientrano, molto spesso, una lunga lista di
abbinamenti di cibi costosi e considerati d'élite abbinati ad altrettanti
vini costosi e quindi solitamente consumati da persone con discrete
disponibilità economiche, producendo un matrimonio di dubbio gusto
tuttavia esclusivo ed elitario, appunto.
Nel corso del tempo, anche in epoche oramai distanti dalla nostra, si sono
formulate regole che consentissero l'abbinamento del cibo con il vino, così da
risultare gradevole e armonico. L'abbinamento enogastronomico potrebbe essere
definito come un'arte – e, per molti aspetti, lo è veramente – tuttavia l'arte
non è sempre compresa, condivisibile e apprezzata da tutti allo stesso modo. Con
il risultato che, inevitabilmente, ci sarà sempre qualcuno che troverà
l'abbinamento del cibo con il vino discutibile e non completamente gradevole,
indipendentemente dal rigore e l'esatta applicazione di una tecnica o metodo.
Esattamente come quando si contempla un dipinto, una statua o si ascolta musica.
E l'arte – come si sa – non è per tutti. Questo porta, inoltre, anche a certi
eccessi di creatività, con esiti non sempre entusiasmanti, evidentemente
il risultato dell'approssimazione, superficialità e – consentitemelo – di
arrogante ignoranza, non da meno, di cattivo gusto.
È giusto ribadire che, quando si parla di gusti, difficile opinare certi
abbinamenti, tuttavia, andare contro le consolidate regole della
fisiologia del gusto, del comprovato pessimo risultato dell'interazione e
combinazione dei certi elementi, difficile trovare un consenso oggettivo. Questo
– mi dispiace molto doverlo constatare e dire – accade sempre più spesso nei
ristoranti, quando si ascolta il consiglio dell'addetto del servizio del vino al
tavolo che, spesso, è palesemente impreparato sulle bottiglie presenti nella
carta e come abbinarle a quello che si prepara in cucina. Il più delle volte, si
ha l'impressione che il consiglio sia dettato più dalla necessità di
vendere un determinato vino anziché considerare in modo appropriato quello che i
clienti hanno ordinato dalla cucina. Lo posso capire da un punto di vista
prettamente commerciale e di profitto, totalmente incomprensibile nell'ottica di
soddisfare il cliente e, cosa tutt'altro che banale, farlo tornare. Sempre
ammesso che il cliente sia attento e interessato all'abbinamento enogastronomico
e non si accontenta di bere e di mangiare qualunque cosa in modo spensierato
– tanto va bene tutto – soprattutto per il fatto di non prestare la minima
attenzione a quello che si mette in bocca e senza sottoporlo prima al giudizio
degli occhi e del naso.
Che l'abbinamento del vino con il cibo sia un aspetto spesso secondario nei
ristoranti, lo si può constatare quando, appena seduti al tavolo, il cameriere,
nel consegnare il menu, chiede immediatamente cosa portare da bere, senza nemmeno
attendere di prendere l'ordine per la cucina. A volte, le cose non vanno meglio
quando si chiede esplicitamente un consiglio sul vino da abbinare al piatto
ordinato. Le risposte sono a volte bizzarre, comprese quelle personali
tipo a me piace con il tale vino oppure un momento, vado a chiedere.
Nella maggioranza dei casi arriva il proprietario che, senza offesa, non è di
migliore aiuto e propone magari un certo vino perché lo prendono tutti.
Eppure, almeno per me, il piacere dell'abbinamento di un piatto con il vino,
costituisce una primaria condizione per l'apprezzamento di un pasto. Forse è
anche per questo che, la vista di un tavolo imbandito senza la presenza del
vino, mi trasmette un senso di tristezza, come se fossi privato della metà del
piacere che promette la buona tavola. Ovviamente, quello che piace a me, anche in
termini di abbinamento enogastronomico, non significa debba necessariamente
piacere a tutti, consapevole che – appunto – si tratta di una materia e di
un'arte che passa inevitabilmente per la soggettività del proprio gusto.
Sono tuttavia convinto che esistano dei principi oggettivi, anche in
considerazione della fisiologia e percezione del gusto, poiché è praticamente
simile nell'ambito della stessa società e cultura, non solo per il fatto che sono
determinati e supportati da considerazioni di tipo tecnico e pratico. Almeno per
me, quando a tavola si condivide un buon vino ben abbinato a quello che si sta
gustando nel piatto, il piacere è innegabilmente maggiore e grato. Ma basta
veramente poco – pochissimo – a compromettere questo magico capolavoro
dell'arte. A tutti quelli che, pensando di essere rivoluzionari,
innovatori e controcorrente con i loro eccessi creativi enogastronomici
fuori luogo, pensando di avere creato la più eccelsa delle magie, così
straordinaria da massacrare l'olfatto e il gusto, chiedo di non rovinarci anche
questo piccolo e innocente piacere. Lasciate che si possa godere e trarre il
massimo piacere sia dal lavoro della cucina sia dall'emozionante sussurro che si
leva dal calice. In fin dei conti, siamo gente semplice e ci accontentiamo di
poco, esattamente come un abbinamento enogastronomico fatto a regola d'arte.
Antonello Biancalana
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